Da Tellini a Mussolini: ecco come sono cambiati i confini ideali della Patria del Friuli

Prima della Grande guerra prevalse la visione irredentista. Il disegno autonomista di Tessitori non si realizzò in pieno

Anche gli enti nascono e muoiono. Quando sono vivi producono effetti giuridici, economici, sociali, culturali e di mentalità; dopo la loro morte lasciano calchi ed eredità di vario genere, soprattutto se ebbero una durata plurisecolare, come la Patria del Friuli. Il calco geostorico di un ente può essere quindi utilizzato, oltre che come “area culturale”, come strumento politico.

Prima della Grande guerra il concetto di Patria del Friuli, regione storica delimitata dalla Livenza a ovest e dal Timavo a est, era funzionale all'irredentismo perché comprendeva terre che stavano nell’Impero austriaco: non casualmente, infatti, Camillo Giussani intitolando alla Patria del Friuli il quotidiano fondato l’8 ottobre 1877 estese il suo areale di cronaca alla Contea di Gorizia a Gradisca.

La Patria del Friuli da unificare fu dunque la linea guida della politica udinese fra il 1866 e il 1915. Scrisse, infatti, Giuseppe Girardini sul “Giornale di Udine” del 23 febbraio 1922: “Questo concetto della Patria del Friuli io proposi e sostenni, nella visione della vittoria, ancora prima della guerra presso l’on. Salandra”. Unità del Friuli nell’unità d'Italia, dunque. E proprio per celebrare la meta raggiunta, il 23 novembre 1919 la Società Filologica Friulana fu fondata a Gorizia.

C’era però qualcuno, in quel tempo, che sognava una Patria del Friuli riunita ma indipendente: era Achille Tellini (Udine 1866-1938), geologo, folclorista, esperantista, che a partire dal 1921 pubblicò “La Patrie ladine. Riviste pal Friul, Çarne, Dolomitis dal Adis e Canton Grison”. (Queste sono le “piccole patrie romanze” che, con la Catalogna e la Provenza tanto affascinarono Pier Paolo Pasolini nel suo tempo di Casarsa e Versuta).

Tellini non era un “austriacante” o un “antitaliano”: proponeva, infatti, un piccolo Stato friulano, modellato sul Patriarcato d’Aquileia, che doveva essere il capofila di una federazione di aree identificate con criterio linguistico, sulla base dei “Saggi Ladini” di Graziadio Isaia Ascoli.

Il nostro sognatore fu duramente attaccato dal famoso linguista Carlo Battisti (1882-1977), allora direttore della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, ma fu difeso dai repubblicani della stessa Città, che su “Libertà”, il loro giornale, l’11 giugno e il 2 luglio 1921, pubblicarono due articoli intitolati “Il Friuli ai friulani” e “Autonomia friulana” (scoperti e utilizzati da Gianni Nazzi nel saggio su “La defriulanizzazione di Gorizia”, Clape Culturâl Acuilee 1991).

Ecco un passo significativo: “…a nostro avviso il movimento propugnato da quella rivista [La Patrie Ladine] non deve limitarsi al puro campo linguistico-letterario. Il Friuli è una regione che ha una serie di caratteristiche individuali per le quali una futura riorganizzazione politico-amministrativa d’Italia dev’essere capace di costituire un organismo autonomo con proprie istituzioni rette dalla gente friulana”.

Alle tesi di Tellini aderirono l’etnografo Dolfo Zorzut e Giovanni Lorenzoni, primo Presidente della Società Filologica Friulana.

Ma il concetto di Patria del Friuli fu anche alla base di uno dei primi atti del governo fascista nel gennaio del 1923: fusione delle Province di Udine e di Gorizia nella Provincia del Friuli con Udine capitale.

Mussolini e Pisenti, il suo ispiratore, non erano certo regionalisti e non rispettarono i confini della Patria del Friuli: non inclusero infatti nella nuova provincia i territori di Portogruaro e Monfalcone. Del resto loro volevano soltanto annacquare gli “allogeni”, ovvero gli slavi, in una provincia più vasta e popolosa di quella di Gorizia.

Nel 1945, infine, fu il movimento autonomista di Tiziano Tessitori a proporre una regione autonoma sul calco dell’antica Patria del Friuli, e dunque più grande della Provincia del Friuli istituita nel 1923, perché avrebbe dovuto includere anche i territori di Portogruaro e Monfalcone. Il disegno autonomista fu inserito nella bozza della Costituzione il 18 dicembre 1946, ma non riuscì a concretizzarsi in pieno, neanche in senso territoriale: il 27 giugno 1947, infatti, a un’ancora ipotetica Venezia Giulia fu aggiunto il Friuli privo del Mandamento di Portogruaro e di Sappada.

Quel giorno nacque la Regione Friuli-Venezia Giulia, insabbiata dalla Decima norma transitoria il 30 ottobre dello stesso anno, che assunse l’attuale conformazione territoriale per effetto del Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954.

La storia della Patria, quella vera e integra, avrebbe molto da insegnare anche oggi a quanti si proclamano autonomisti.

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