Da Accattone a Salò, il fondamentale ruolo della musica di Bach nei film di Pasolini

A 45 anni dalla morte, il Teatro Verdi di Pordenone oggi rende omaggio a Pier Paolo Pasolini con la formula della performance a platea vuota (a causa delle nuove restrizioni per gli spettacoli) trasmessa in diretta streaming. Alle18 sul canale live.comunalegiuseppeverdi.it lezione-concerto con l’enfant prodige del violino, la giovanissima Clarissa Bevilacqua con il musicologo Roberto Calabretto. Insieme celebreranno la passione di Pasolini per Johann Sebastian Bach con l’esecuzione della Suite BWV 1001 per violino solo, in un evento realizzato in collaborazione con il Centro Studi Pasolini di Casarsa. Roberto Calabretto anticipa la lezione su Pasolini.
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L’incontro con la musica di Johann Sebastian Bach, ricordatato e sottolineato in più luoghi come determinante nel cinema in forma di poesia di Pasolini, risale agli anni della primavera friulana grazie all’incontro che il giovane Pier Paolo fece con Pina Kalc, profuga a Casarsa in seguito all’occupazione tedesca della Slovenia. «Aveva trent’anni ma pareva una giovinetta – troviamo nei suoi Quaderni rossi –. La ricordo perfettamente nell’atto di suonare il violino, con la gonna blu e la camicetta chiara. Le centinaia di sere che abbiamo trascorso insieme, dal ’43 all’estate del ’45 quando, finita la guerra ripartì per la Jugoslavia, mi danno la solita disperazione dell’inesprimibile, del troppo unico; tuttavia restava la musica come qualcosa di solido, di avvenuto senza equivoco e che riassume tutta la nostra tempestosa amicizia».
Pasolini è letteralmente affascinato dalla musica di Bach e a essa dedica anche un bellissimo scritto. Ascoltando la Ciaccona e la Siciliana è ispirato da folgorazioni poetiche di rara intensità che poi guideranno la sua attività di regista, quando l’opera del Kantor tedesco sarà il baricentro delle colonne sonore dei suoi primi film. «In Accattone ho voluto rappresentare la degradazione e l’umile condizione umana di un personaggio che vive nel fango e nella polvere delle borgate di Roma – dirà Pasolini – . Io sentivo, sapevo che dentro questa degradazione c’era qualcosa di sacro, qualcosa di religioso in senso vago e generale della parola, e allora questo aggettivo, “sacro”, l’ho aggiunto con la musica di Bach».
Tra le tante scene che hanno contribuito a creare la grandezza e la fama del film, vi è quella notissima della rissa nella polvere delle borgate della periferia romana. In questa lotta, il Corale dalla Passione secondo Matteo mette in guardia lo spettatore da qualsiasi riferimento di carattere realista, proiettandolo invece nella dimensione del sacro. Proprio questa dimensione nel Vangelo si sarebbe rivelata facilmente retorica e la figura di Cristo ne sarebbe uscita svilita ed edulcorata, com’è accaduto nei tanti film girati sulla sua vita. Così le struggenti note del Corale – usate nei momenti profetici del film – qui convivono, con la ritmica danzante della Missa Luba e con le viscerali espansioni dei cori russi, a sottolineare la dimensione umana e fortemente rivoluzionaria della predicazione del Cristo. Un’operazione di grande interessa stupidamente boicottata dalla critica che in questo modo di utilizzare la musica parlerà addirittura di vilipendio. Un’ultima presenza bachiana affiora in Salò. Nel girone del sangue durante il rito del matrimonio, la pianista suona alla fisarmonica la celeberrima Pastorale Bwv 590. In questo caso la musica di Bach si presta a servire l’abominio e a fare da complemento al potere, a pendant con un antico canto popolare friulano, Stelutis Alpinis, che irrompe nel finale a raffigurare il genocidio culturale dell’Italia. Fortemente simbolico anche l’intervento della musica di Ennio Morricone che partecipa all’allestimento della colonna sonora con un piccolo brano per pianoforte, non a caso intitolato “Addio a Pier Paolo”. —
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