Corea del Sud, la determinazione di un popolo che vive in equilibrio

UDINE. Quel che non uccide fortifica, si è soliti dire. Un bel modo per affermare che nelle difficoltà si tirano fuori energie e risorse inaspettate.
Questo è un pensiero assolutamente trasversale e universale, uno di quei motti che valgono qui, nel mezzo del Friuli, come dall’altra parte del mondo. Ad esempio in Corea del Sud, un Paese che gode della triste fama di avere il confine più fortificato del mondo.
E sì, stiamo parlando proprio della frontiera con la Corea del Nord. Una nazione spaccata da mille contraddizioni e sofferenze, ma che non smette di trovare piccoli varchi dai quali far scaturire ondate di ottimismo e coraggio.
«L’industria cinematografica sudcoreana è divisa in due - ha commentato con tono contrariato Yoo Young-Seon, il regista dello psycho thriller The Wicked - perché da una parte ci sono le grandi produzioni che si accaparrano tutti i soldi e dall’altra i piccoli film indipendenti e impegnati che lavorano con budget ridotti».
Ma proprio grazie a questi numerosi lavori che scalpitano nelle retrovie della cinematografia sudcoreana, si trovano i grandi esempi di resistenza e lotta quotidiana.
Gli esempi di storie vere, come quella che sta alla base dello splendido Cart, della regista Boo Ji-Young, di idee non propriamente popolari come quella del cinico e violento The Wicked, prodotto con soli 10 mila euro, o di storie di ordinaria difficoltà amorosa, come quella raccontata da Lim Charn-Sang nella deliziosa commedia My Love My Bride, in cui spiccano bizzarri trucchi visivi e sketch necessari per rendere appetibile il film in patria.
«La più grossa fetta della torta dei finanziamenti - tuona Boo Ji-Young - se la spartiscono le grandi produzioni per gli action, i polizieschi e i gangster movie. Il risultato è che chi ha qualcosa di suo da dire deve sempre più spesso scendere a compromessi. Io però - continua la regista di Cart - credo nella forza dei cicli, quelli che permetteranno grazie ai nostri sforzi e alla nostra volontà di fare arrivare il momento che anche i piccoli film indipendenti verranno accettati e considerati con la giusta dignità anche in patria».
Il toccante Cart, un film tratto dalla storia vera di alcune commesse sotto contratto a progetto, licenziate mentre erano in attesa di un’assunzione a tempo indeterminato promessa dal governo, è l’unico dei tre che ha goduto del privilegio di un budget non low cost ma è quello che meglio pennella la drammatica situazione dei lavoratori dipendenti in Corea del Sud.
E più la Ji-Young parla del suo film, più ci rendiamo conto che le similitudini con l’Italia sono tante, troppe. I sindacati che latitano, i dirigenti che trovano sistematicamente il modo di scavalcare leggi sempre troppo piccole e furbe per diventare verità.
Nel gioco delle differenze a spiccare è la forza di queste donne, capaci di scioperare e protestare per 511 giorni, fino ad ottenere l'assunzione per alcune di esse. In Italia, invece, ancora poco si muove.
Vuoi mai che questi tre piccoli grandi registi che hanno percorso circa 8.500 km per portare le loro opere a Udine, finiscano per insegnarci che davvero chi vuole può e che nelle difficoltà è possibile emergere con la forza della determinazione?
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