Con Girardini Udine entrò nelle antologie

MARIO BLASONI. Settant’anni fa, il 7 novembre 1946, si spegneva Emilio Girardini, il poeta piú amato dagli udinesi, nato e vissuto nella nostra città a cavallo dei due secoli: da semplice autodidatta, attraverso una lunga e severa disciplina di studi, attinse alla cultura classica, particolarmente ai greci e latini, e alla letteratura romantica inglese, dedicandosi, con felici esiti, alle traduzioni e traendone ispirazione per le sue principali raccolte di versi (da Ruri, 1903, a La vela di Ulisse, 1908, da Chordae cordis, 1920, a Canti della sera, 1931 e Veglie, 1935). Purtroppo, però, pur recensito da firme illustri come Sivio Benco, Diego Valeri, Francesco Flora (e dai nostri Giuseppe Ellero, Giuseppe Marchetti e Dino Menichini), e nonostante la pubblicazione, da Zanichelli nel 1952, della sua opera omnia, Girardini non è conosciuto e apprezzato come meriterebbe.
Udine, però, non lo dimentica. Gli ha dedicato la scuola elementare di via Cividale-via Judrio e il monumento in largo Ospedale Vecchio, opera dello scultore Max Piccini, che fu inaugurato il 5 novembre 1955 alla presenza dell’Alto commissario alla Sanità, Tiziano Tessitori, per il Governo, del sindaco Centazzo, del presidente della Provincia Candolini e del poeta Diego Valeri che la sera prima, in sala Ajace, aveva tenuto la commemorazione ufficiale. Fu una grande festa, «una prova – come scrisse allora il Messaggero Veneto –, del vivo affetto che circondava e circonderà sempre Emilio Girardini».
Umanista, parnassiano, post-romantico, crepuscolare... Girardini è stato definito in tanti modi e accostato a veri autori. Ma secondo Mario Turello, non si può parlare di «ascendenze e debiti, soprattutto nei confronti delle “tre corone” Carducci, Pascoli e D’Annunzio e di alcuni minori quali prati e Aleardi», data «l’irriducibilità del nostro poeta a imitatore o epigono di alcuno». Anche Chino Ermacora ha ammirato i suoi versi «pieni degli echi di un crepuscolo della natura e dell’animo», mentre per il poeta Dino Menichini «Girardini è un nome che onora il Friuli, in cui il Friuli si riconosce e diventa partecipe della civiltà letteraria italiana». Gianfranco D’Aronco ne apprezza la «profondissima umanità» e la poesia «misurata, equilibrata e compostamente gentile».
Il poeta trascorse gli anni ’30-’40 nella quasi completa cecità, assistito da un giovane aspirante giornalista, autodidatta come lui: Renzo Valente, che poi diventerà il poetico cronista di “Udine, un paese col tram”. Valente gli leggeva i giornali, scriveva i versi che lui dettava, lo accompagnava nelle passeggiate. Era i suoi occhi e il suo bastone. Con lui il ragazzo studiava la letteratura declamando Dante e Leopardi, mentre il poeta fumava accanito i suoi sigari («Atento sior Emilio – s’interrompeva Renzo – che ghe casca la cenere sui bragoni»). Valente è mancato nel 2002 e fino a poco tempo prima non aveva perso occasione di ricordare, sul Messaggero Veneto, il suo amato Maestro, protestando contro i vandalismi ai danni della sua statua (era lui che segnalava la scomparsa del bastone, spesso strappato da ignoti e piú volte sostituito».
Oggi la memoria di Emilio Girardini (e del fratello Giuseppe, avvocato, parlamentare e ministro) rimane affidata all’avvocato Piero Zanfagnini già sindaco di Udine, e a suo fratello, l’architetto Vittorio, che hanno raccolto l’eredità del loro padre, l’onorevole Umberto, imparentato con i Girardini. Sua moglie Rosa, morta centenaria nel 1996, era, infatti, cugina di Giuseppe ed Emilio e quest’ultimo è stato il padrino di battesimo e cresima di Piero. A cura dei fratelli Zanfagnini, in occasione del sessantesimo della morte del poeta, fu posta sulla facciata della casa natale di via Vittorio Veneto 30 (a quel tempo via della Posta 28) una lapide con la scritta: “Qui nacquero e vissero Giuseppe Girardini (1856-1923) avvocato e uomo politico ed Emilio Girardini (1858-1946) poeta”.
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