Claudio Bisio presenta il suo monologo "Father and Son"

L’attore parla del suo lavoro, in arrivo a Contatto e al Verdi di Pordenone. «Il monologo fa sorridere e pensare, ma alla fine si materializza la speranza»

Un sostanzioso broglio di pensieri si crea quando lanci su piazza il tema dei temi, il domandone delle quattrocento pistole, la filosofia che terrorizza le generazioni: come comportarsi con i propri figli? Amico? Autorevole? Autoritario? Un caos.

Il rischio d’inciampare sulla felpa del ragazzo, mentre svaccato assale lo smartphone, è altissima. Tranquilli signori, abbiate ancora qualche giorno di pazienza e poi un feedback sull’argomento lo riceverete. Vi basterà bussare con un biglietto in mano al Giovanni da Udine mercoledì 25 e giovedì 26, alle canoniche 20.45, per Teatro Contatto 33, e venerdì 27, sabato 28 e domenica 1º marzo al Verdi di Pordenone e vi sarà ovviamente aperto.

Sul palco troverete Claudio Bisio, circondato dai suoi prodi musici, Marco Bianchi alla chitarra e Laura Masotto al violino, e con tutte le sue buone intenzioni, come sempre d’altronde, di raccontarci una storia su un conflitto in corso. Ah, l’insegna... ce ne stavamo scordando.. Father and Son, che poi è una canzone di Cat Stevens... It's not time to make a change. Just relax, take it easy... la conoscete, no?

«Avevo voglia di rivedere un pubblico davanti - spiega Bisio - tanto cinema e tanta tv, okay, ma non mi va di perdere quello sguardo. E, ogni tanto, riconquisto il proscenio. Con Giorgio Gallione, entrambi siamo padri, ragionavo su un qualcosa che mordesse con profondità e leggerezza quell’istante in cui genitori e figliolanza s’incontrano. Michele Serra mi dice: “Sto finendo un libro (Gli sdraiati, ndr), se aspettate ancora qualche settimana ve lo passo”.

Cercavamo questo, io e Giorgio. L’abbiamo letto, ci ha entusiasmato e, a quel punto, eravamo pronti per cominciare». Basta leggere a random sul web per capire quanto calore il pubblico rilascia ogni sera. Claudio, lo conosciamo, ha di serie il doppio registro. Sa come divertire, sa come commuovere. «Il finale è quasi struggente - svela - anche se è una metafora di grande speranza. Il figlio è finalmente grande, e lui, il padre, può serenamente invecchiare».

Una seduta di autocoscienza. «Sì, infatti. Costruendo lo spettacolo abbiamo inalato l’odore di consultorio. Ci veniva naturale andare oltre il testo, ognuno arricchendo il dialogo con le cose sue. Teatro/vita, vita/teatro, facilmente s’intersecano».

Riprendendo l’incipit. In effetti il moccioso da tirare su ti provoca un giro di vento in testa. Chissà se Bisio, adesso, ha un credo fermo. «Io sono stato e sono il papà amico, cerco di essere possibilmente Claudio e non intendo mentire.

La mia generazione è cresciuta con l’autorità del post ’68 e nessuno obiettava. Adesso appena vai oltre, entra in scivolata lo psicologo è pronto ad ammonirti». Tirando le fila. Father and Son non ti serve miracoli, e nemmeno potrebbe, ma con un sorriso esplora il campo minato e ti fornisce un’utile mappa contemporanea. «Parlando di gioventù, ecco, noi del gruppo ci fregiamo di un duetto musicale di qualità altissima. Poi i bravi emergono, la meritocrazia non è del tutto morta. Laura e Marco sono straordinari».

Scendiamo di una trentina d’anni. Le va, Bisio? Nemico di Classe e Comedians rimangono fulcri irremovibili di un teatro ineguagliabile anni Ottanta. E lei c’era. Anche a Udine, e chissà quanti se lo ricordano. La gente, tantissima, quelle sere lì respirava a fatica. «Con Nemico di classe ho scoperto di voler fare il mestiere, idea rafforzata e corroborata con Comedians. Ma lo sa che con Rossi, Orlando, Alberti, Catanìa e Sarti ci troviamo spesso? Momenti catartici. La comicità fu creata allora».

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