Cirillo reinterpreta lo spadaccino Cyrano: «Sono ripartito dalla storia d’amore»
L’attore protagonista dello spettacolo in scena al Verdi di Pordenone: «Un testo abusato, l’ho tradito»

«Che cos’è un bacio? L’apostrofo rosa tra le parole t’amo». Chi non ricorda, e magari l’avrà anche usato, questo verso che assieme ad altri altrettanto celebri impreziosiscono la scrittura di una delle commedie d’amore più romantiche e rappresentate: Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand che andò in scena la prima volta nel 1897 e da allora allestita più e più volte sui palcoscenici di tutto il mondo, divenuta cavallo di battaglia di grandi mattatori?
La storia dello spadaccino, dal grande impresentabile naso, follemente innamorato della cugina Rossana, che ama per interposta persona ossia il Cristiano bello ma incapace di belle parole e immagini, ancora oggi cattura l’attenzione creatrice di attori e registi perché, proprio per l’universalità dei temi trattati, si presta a molte letture e contaminazioni.
Ne è un convincente esempio la versione che il napoletanissimo Arturo Cirillo porta al Verdi di Pordenone, dopo l’esordio di martedì sera, anche mercoledi 5, alle 20.30.
«Si tratta – come lui stesso ci racconta – di una messa in scena che risente del fascino che suscitarono in me ragazzino, la visione di un Cyrano in musica con Domenico Modugno e Catherine Spak al teatro Politeama di Napoli, o quella del “Pinocchio” mirabolante e genialissimo di Carmelo Bene al San Carlo e ancora i lustrini le paillettes, i balletti i numeri le canzonette e gli sketchs dei grandi varietà televisivi degli anni’70 e’80, Delia Scala, Rascel, don Lurio, Raffaella Carrà che stuzzicavano la mie fantasie ballerine e canterine.
Una televisione che non c’è più e che cerco di riproporre suffragata dalla storia di Rostand che rimane il pilastro drammaturgico di questo mio spettacolo, che è una sorta di teatro canzone».
Un bel cortocircuito, direi...
«Testo usato e anche abusato, entrato a spada tratta – e il caso di dirlo visto che di spadaccini parla, nell’immaginario collettivo, per cui mi sono permesso di tradirlo un poco, prendendolo come punto di partenza per raccontare la storia d’amore tra Cyrano Rossana e Cristiano, bellissima e tragica insieme, senza troppo attenermi al contesto storico che è del ’600 come del’600 fu la figura che ispirò Rostand ovvero Savinien Cyrano de Bergerac.
Per cui ho ambientato il mio Cyrano dentro un possibile e vintage studio televisivo di quando ragazzino, come ho detto, mi nutrivo di forme di spettacolo molto eterogenee, per raccontare una storia senza tempo, ma anche la mia giovinezza».
In cui rientra a pieno titolo anche il collodiano Pinocchio, che lei apparenta a Cyrano non solo per familiarità di naso.
«Sicuramente c’entra il naso, ma ho pensato a Pinocchio anche per la folgorazione che ebbi vedendone la versione di Carmelo Bene, e anche per l’insuperato Pinocchio televisivo di Comencini con Nino Manfredi e Gina Lollobrigida, le meravigliose musiche, che usiamo, di Nino Rota, tanto che nella prima scena tra Cyrano e Rossana questa appare come fatina Azzurra e lui come Pinocchio, perché ho immaginato che ricordando i giochi che facevano da bambini ci fosse anche quello di giocare a Pinocchio».
E poi, come nell’originale del resto, c’è un discorso sul teatro.
«La componente metateatrale è in fondo sempre stata la mia cifra, ma qui diventa ancor più evidente.
Anche a partire dal prologo che non è di Rostand ma mio, dove mi racconto sottolineando il me ragazzino che abitava tra il fuoco e il mare di Napoli e si innamorava del teatro.
Per cui c’è molto gioco di teatro nel teatro, usando anche una scenografia mobile che serve a ricostruire varie forme di teatro, dalla rivista e dal varietà a quello tradizionale del famoso balcone sotto Il quale Cyrano dice le sue dolcissime parole d’amore a Rossana spacciandosi per Cristiano, allo spazio del teatro in cui stiamo recitando, per cui invaderemo la platea del Verdi.
Perché penso che il teatro sia stato il luogo che ha salvato Savinien Cyrano dall’oblio e me Arturo Cirillo dalla disperazione della realtà».
In scena con Cirillo, Irene Ciani, Giacomo Vigenti, Francesco Petruzzelli, Rosario Giglio, Giulia Trippetta.
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