Cesare Serafino: «I miei quarant’anni d’arte»

Parla il pittore spilimberghese che entra oggi nell’Accademia Internazionale Costantiniana

SPILIMBERGO. Cinque Biennali di Venezia e numerose esposizioni in giro per il mondo, il maestro Cesare Serafino conserva un legame indissolubile con la cittadina natia di Spilimbergo, sempre al centro della sua ricerca artistica. In riconoscimento della carriera quarantennale che lo ha portato a condividere un percorso, culturale e di vita, con figure del calibro di Emilio Vedova, l'artista entrerà oggi, con una cerimonia in palazzo Tadea, in programma alle 16, nella romana Accademia Internazionale Costantiniana delle Scienze Mediche, Giuridiche e Sociali di Roma, presenti a Spilimbergo il ministro per gli Affari Regionali, Maria Carmela Lanzetta e l’onorevole Cécile Kyenge, già ministro per l’Integrazione nel governo Letta.

Serafino, dove nasce la sua vocazione per l'arte?

«All'inizio degli anni Settanta mi sono dedicato allo studio di testi sull'archeologia di Spilimbergo, culminato, nel '73, con la creazione del Gruppo dei giovani pittori spilimberghesi e nell'esperienza post-terremoto del museo costituito per la salvaguardia del patrimonio storico-artistico locale. Oggi uno dei miei obiettivi è di trasmettere la passione per l'arte alle nuove generazioni attraverso le scuole».

Come si è sviluppato il suo percorso?

«Da autodidatta ho voluto perfezionare le mie conoscenze, avendo la fortuna di frequentare studi di nomi quali Vedova, Zancanaro e Celiberti. Una volta il mese prendo il treno e vado a Milano, in casa di uno dei più grandi critici d'arte viventi, Gillo Dorfles, per arricchirmi. Sono come una spugna: assorbo i suoi insegnamenti e ne faccio tesoro».

Cos'è l'arte per lei?

«Emozione. Nell'opera trasmetto le mie vicissitudini, che rievoco quando riguardo i miei quadri. Ci vuole sempre, nella mente dell'artista, un'evoluzione: non si possono ripetere all'infinito le stesse cose».

Frequentazioni illustri le hanno permesso di mettere insieme una prestigiosa collezione, in esposizione a palazzo Tadea.

«Parliamo di 300 opere dei più grandi nomi del Novecento, da Vedova a Fellini, da Renzo Piano a Fuksas, tutte dedicate a Spilimbergo e che meriterebbero di trovare finalmente una sede fissa. Ma anche di essere esposte a Roma, data l’unicità della collezione, frutto di 40 anni di fatiche e sacrifici, ma anche di tante soddisfazioni».

Miroslava Pasquali

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