Carlo da Carona, arte e tecnica della scultura in un convegno
L’evento il 18 maggio alla Guarneriana a San Daniele. Allestita una mostra all’abbazia di Moggio

Il patrimonio artistico dell’intero Friuli è caratterizzato in modo singolare dall’opera di maestri provenienti dai laghi lombardi specializzati nella lavorazione della pietra, una presenza documentata già in epoca patriarcale e favorita dall’avvento della Repubblica di Venezia, nei cui cantieri più prestigiosi molti di questi scultori operarono prima di trasferirsi in terraferma. Tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, organizzate botteghe familiari formate da abilissimi scalpellini, da costruttori ma anche da veri scultori, diffusero il nuovo linguaggio rinascimentale anche in Friuli realizzando portali, fonti, altari, statue, lapidi, monumenti, e interventi architettonici.
Nel contesto di un ampio programma di studio e valorizzazione di questo patrimonio, avviato dal 2020 con le iniziative dedicate allo scultore Pilacorte, attivo soprattutto nello spilimberghese, è emersa la figura di Carlo da Carona a cui è stata dedicata, a cura del trio Bergamini, Dei Rossi e della sottoscritta, una Guida alle opere in Friuli, sotto l’egida della Società Filologica Friulana a cui si deve sia la prima monografia nel 1970 su Pilacorte che quella edita nel 1972 su Carlo da Carona, a cura di Giuseppe Bergamini.
La guida raccoglie in un volume di 312 pagine la catalogazione e la mappatura delle sculture di Carlo, conservate soprattutto nelle chiese, a partire dalla basilica di Aquileia, alle pievi di Moggio e Rosazzo, al duomo di Udine, a Fiumicello dove si trova il celebre Compianto, a Lavariano che conserva il suo altare più monumentale, a San Daniele, Rive d’Arcano, Illegio e Invillino, a Cormons, Gradisca d’Isonzo e Salcano (Nova Gorica). Ne è emersa la figura di uno scultore a tutto tondo, che si distingue per la forza icastica, severa e a tratti drammatica, del suo linguaggio plastico, per l’essenzialità formale e il richiamo alla spiritualità della scultura romanica.
Alla guida ora si aggiungono gli atti della giornata di studio che verranno presentati sabato 18 maggio alle 18 presso la Biblioteca Guarneriana, in collaborazione con il Comune di San Daniele e la Soprintendenza, e che hanno fatto il punto in 136 pagine, con la grafica di Silvia Toneatto, sia sull’opera di Carlo sia sul contesto storico in cui ha operato, spaziando tra storia dell’arte, tecnica, epigrafia e restauro, grazie ai contributi scientifici dei relatori Giuseppe Bergamini, Maria Beatrice Bertone, Anna Comoretto, Enos Costantini, Paolo Goi, Vieri Dei Rossi, Bruno Micali, Maria Masau Dan, Isabella Reale, Carlo Venuti. Per chi volesse vedere da vicino l’opera di Carlo, attivo a San Daniele e dintorni, sempre sabato 18 maggio con la guida di Carlo Venuti e partenza alle 16 dal fonte battesimale conservato in duomo, si visiterà anche la chiesa di San Daniele in castello, dove un imponente altare e un portale già in duomo, documentano l’opera dello scultore caronese.
Alla guida e agli atti si accompagna, nel contesto della Setemane de culture furlane promossa dalla Filologica, anche una mostra fotografica itinerante ospitata nel mese di maggio, in collaborazione con la Pro Loco e il comune di Moggio Udinese, alla torre medioevale del complesso abbaziale di Moggio, dove si conserva un fonte battesimale riferito a Carlo da Carona, attivo in Carnia tra il 1516 e il 1530, e che si confronta col fonte del duomo di Tolmezzo (1516). Intitolata “Carlo da Carona visto da vicino”, la mostra si avvale di 25 pannelli composti dal fotografo Alessio Buldrin, puntando a una visione di insieme dell’opera dell’artista con raffronti e ricostruzioni.
Si tratta dell’avvio di una sorta di Grand Tour attraverso le opere di Carlo, che toccherà con mostre e presentazioni altri luoghi dove lui ha operato, con una prossima tappa anche a Torino, al Salone del Libro, dove verranno presentati nello stand della regione Friuli Venezia Giulia i quattro volumi in cui finora si è concretizzato il progetto sugli scultori lombardi, e a Gorizia al festival èStoria. Un progetto che punta alla riscoperta di un patrimonio collettivo unico che vuole concretizzarsi in recuperi e restauri, anche se molte opere, sia nel caso di Pilacorte che di Carlo, attendono la giusta attenzione da parte di chi ne ha la responsabilità diretta. Quindi si tratta di un progetto che non intende rimanere sulla carta, ma incidere sulle comunità di appartenenza, chiamate a conservare e valorizzare, e che non si ferma, in quanto la Società Filologica ne ha promosso la continuazione, questa volta puntando su Bernardino da Bissone.
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