Bulfon: «La macro mafia sta conquistando il mondo Ecco chi la sta gestendo»
Il libro inchiesta della giornalista sul potere della criminalità. «Fenomeno da contrastare con un risanamento sociale»

Si parlerà di macromafia, sabato 6 maggio a vicino/lontano alle 11. 30 sotto la Loggia del Lionello. Un problema, questo, del potere della malavita organizzata che sta investendo non solo il nostro paese, ma che in questi anni con il traffico di droga ha assunto dimensioni planetarie.
L’occasione? la presentazione dell’ultima fatica di Floriana Bulfon Macro Mafia. La multinazionale dei clan che sta conquistando il mondo (Bur). Si tratta di un libro inchiesta (che sarà presentato oggi alle 11.30 alla Loggia del Lionello, con Luana De Francisco) che affronta le nuove dimensioni della criminalità internazionale, i suoi boss, le nuove tecniche e alleanze tra clan che si stanno trasformando, in una vera e propria corporazione multinazionale.
Floriana Bulfon, friulana di San Daniele, è una delle giornaliste di inchiesta da sempre in prima linea a raccontare e svelare i segreti della malavita organizzata. E state lei con il suo “Grande raccordo criminale” nel 2014 a sollevare il caso di “mafia capitale”, della infiltrazione della mafia a Roma, o con “Casamonica. La storia segreta” (2019) a scoperchiare quel grande giro malavitoso del clan romano dei Casamonica. E per questo ha subito minacce di morte e vive sotto protezione.
Quanto a Macro mafia, la giornalista racconta che si è trattato «di un lavoro lungo e complicato, da un punto di vista logistico, perché ho dovuto lavorare su più paesi, da Dubai a Dublino, da Sarajevo ad Amsterdam, in Siria, nel Quatar, a Cipro; e per costruire una rete di fonti investigative e anche criminali che potessero aiutarmi a delineare con compiutezza il quadro di questa rete che ha i piedi nella violenza delle strade e la testa a Wall Street. Per dire dell’intreccio tra criminalità spicciola e una capacità organizzativa che ha del manageriale. Ovverosia, Di qualche cosa che fino a ieri, anche rispetto all’idea e agli stereotipi con cui spesso qualifichiamo la criminalità organizzata, ha del futuribile, dello straordinario»
Un racconto, quello di Bulfon ricco di incontri con personaggi che sono al vertice di questa rete di clan, ma anche con investigatori, o semplici pusher, molti anche ragazzini il cui sogno è quello di diventare dei boss, di vivere nel lusso come loro.
In particolare il racconto si snoda attraverso «quattro figure, quattro personaggi che sono al vertice dell’organizzazione e controllano oltre un terzo della cocaina che arriva in Europa, il che significa controllare un giro d’affari incalcolabile, decidere i prezzi, le modalità di smercio. Sono figure che sono dei veri broker, capaci di sfruttare tutto il mondo globale». Chi sono? «L’irlandese, esperto di boxe, Daniel Kinahan, l’italiano Raffaele Imperiale, quello nella cui casa di Castellamare di Stabia sono stati trovati due quadri di Van Gogh, che ha usato come sconto di pena. E oggi comunque è ancora a piede libero. E poi il bosniaco Edin Gacianin, nato a Sarajevo e da lì partito per creare un impero che arriva fino al Perù, dove è riuscito a determinare anche l’ampliamento delle aree destinate alla coltivazione della coca. E infine c’è il padrino marocchino-olandese Ridouan Taghi, che opera in un’Olanda anche molto violenta».
Si conoscono i nomi, se ne conoscono le tecniche, è possibile pensare a una sconfitta di questo fenomeno? «Molto si è fatto e si sta facendo a livello investigativo e giudiziario. Ma il fenomeno – conclude Bulfon – va soprattutto contrastato non solo con procedimenti di polizia, ma con un risanamento sociale, che tolga manodopera alla malavita, ad esempio. E con un profondo ripensamento sul perché dell’uso della cocaina nel nostro mondo».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto