Tra briganti e masnadieri: uomini duri, spietati e tragicamente comici

Storie pubblica l’opera di Pompeo Gherardo Molmenti: un mosaico crudo ma affascinante che sfata la retorica

Cristina Savi
La copertina del libro di Pompeo Gherardo Molmenti
La copertina del libro di Pompeo Gherardo Molmenti

Fra castelli impenetrabili, rocche avvolte dalla nebbia e sentieri percorsi più da fucili che da vanghe, è un mondo rude, affascinante e oscuro quello che rivive nel volume Briganti veneti e masnadieri friulani. Storie incredibili. Firmato da Pompeo Gherardo Molmenti per la collana “I Briganti”, proposta dalla casa editrice pordenonese Storie di Giovanni Santarossa, il libro è da oggi in edicola in abbinamento ai quotidiani del gruppo Nem (al prezzo di 12,90 euro) e rientra in un progetto editoriale che affonda le radici in un’Italia remota, dove la legge era spesso un’opinione e l’onore si difendeva con le armi.

Il manifesto della 29esima stagione firmato da Lorenzo Mattotti
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A partire dal Medioevo, bande di fuorilegge percorsero la penisola, spesso formate da ex soldati rimasti senza guerra ma non senza appetiti. La collana vuole restituire le gesta – ora drammatiche, ora grottesche – di briganti, masnadieri e ribelli che hanno attraversato la storia minore ma vibrante dei territori italiani.

L’autore del volume, Molmenti (Venezia 1852-Roma 1928), è una figura poliedrica dell’Italia fra Ottocento e Novecento: veneziano, storico, politico e raffinato narratore. Con penna agile e ironia sottile, si inoltra nei meandri più bui della società veneta e friulana di un tempo, offrendo un racconto che non risparmia nessuno. «Molmenti – dice l’editore Santarossa – è fra gli storici più importanti su Venezia, ma è nel raccontare il Friuli che si scatena. Racconta una terra divisa, ribelle, dove nessuno vuole obbedire a nessuna legge, men che meno a quelle veneziane. Si diverte, scrive capitoli interi sui friulani che definisce i più sanguinolenti, ignoranti e vendicativi». Il risultato è un mosaico crudo ma affascinante, «che sfata la retorica – aggiunge divertito Santarossa - di un popolo santo e lavoratore, sempre pronto al sacrificio».

Le pagine del volume sono dedicate proprio ai racconti di questi briganti friulani: uomini duri, spietati, spesso tragicamente comici. Come Altan, che nel 1726 fu condannato a morte per una lunga scia di crimini. Alla vigilia dell’esecuzione, si presentò elegante e composto, chiedendo al boia di essere rapido e salutando il popolo con un discorso teatrale. Morì con la freddezza di chi considera la forca un palcoscenico.

Oppure a testimoni come l’abate Girolamo Marschtaller, che nel 1625 attraversa il Friuli lamentandosi di tutto: cibo, letti, prezzi. Arrivato a San Daniele, descrive l’orribile supplizio - al quale si trova casualmente ad assistere – di un condannato legato a una corda calata da una trave che sporge dal palazzo del Comune, più volte issato e poi sospeso per le braccia e lasciato cadere con violenza: «un balletto poco gradito, senza cetra e senza flauto».

La narrazione di Molmenti si muove fra affresco storico e racconto popolare. I veneziani, pur portatori di ordine e legge, sono dipinti come forestieri mal tollerati da una popolazione “furlana” che vede ogni tassa come un affronto, ogni imposizione come un insulto all’antico onore familiare. Perfino Marin Sanudo, instancabile cronista della Serenissima e autore dei celebri “Diarii”, annotò come in Friuli fosse impossibile capire chi comandasse, e dove.

Il libro si chiude col sorriso amaro dell’autore che, nel 1898, riposta la penna e chiuso il calamaio, confessa agli amici di essersi tolto non poche soddisfazioni. Dei briganti veneti scrive che molti li avrebbe potuti collocare fra i suoi contemporanei, “ma senza voglia di finire in tribunale o bastonato”. Un’ironia che attraversa il tempo e fa di “Briganti veneti e masnadieri friulani” un libro vivo e sorprendentemente moderno. Un piccolo tesoro di storia popolare, che oggi possiamo riscoprire grazie a una piccola casa editrice e a un autore che, a oltre un secolo di distanza, parla ancora con voce affilata.

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