Brachetti alle Giornate: «Sono Fregoli reincarnato e ringrazio Gaber e Tognazzi»

PORDENONE. «Urca, è chi è questo, il nipote di Fregoli?». Associammo subito l’Arturo Brachetti debuttante al grande Leopoldo, appena il giovanotto scomparve dietro le quinte dopo gli applausi. Una vita fa. Uscimmo dal teatro con mille dubbi: ma come farà a cambiare abito in pochi secondi? E mica uno.
In scena c’era soltanto lui, mostruoso nel farsi in cinquanta. Adesso raggiunge i cento, l’Arturo. «Il Guinness del primati - puntualizza lui - mi ha assegnato il record mondiale: un secondo e 50». Inutile sforzarsi, non capiremo mai come fa.
Proviamo a chiederglielo? Dubitiamo fortemente ci calcoli, seppure confidando nella sua proverbiale gentilezza. Risponderebbe un cortese no, alla peggio. Dunque.
Poteva mancare Brachetti al Fregoli day organizzato con cura dalle Giornate del cinema muto? No, per mille barili. Fra l’altro, l’uomo piú “rapido” del mondo è in uscita con un libro Baldini & Castoldi, “Tanto per cambiare”, un romanzo di formazione nella Torino dei Sessanta.
Particolari effetti collaterali dopo la visione di un silent film?
Non mi ritengo un cultore, né un fanatico, né, tantomeno, un esperto. Amo l’arte e, di conseguenza, lo amo. Non lo cerco, ecco. Dovete però sapere che Fregoli fu geniale anche come tecnico e non solo un insuperato trasformista. Alla fine dell’Ottocento si fece dare dai Lumière una macchina per proiettare. La truccò, trasformandola in un aggeggio da ripresa. E nacque la Fregoligraph, una specie di casa di produzione che sfornava piccoli sketch, spesso ambientati nel giardino di casa sua per una questione di luce. Gli interni bui, ovviamente, non rendevano in sala.
E fu quel fantastico mago di fine Ottocento a segnare il suo futuro?
Non solo lui. Soprattutto don Silvio Mantelli, un prete che incontrai al Seminario. Lui mi insegnò i rudimenti dell’illusionismo. Molti sacerdoti nell’antichità si dedicavano alla prestidigitazione. Era un modo efficace per far capire ai fedeli creduloni come, volendo, si possono manomettere i miracoli.
Poi camminò da solo?
Eh certo, sperimentai e ri-sperimentai. Guardando il maestro mi vennero dei sospetti. Cercai di sviscerarli fino a una prima soluzione. Con pazienza e con una voglia matta di arrivare, ci sono riuscito. Erano soluzioni piuttosto naïf, certo, affinate con la crescita.
C’è un gran parlare del suo ultimo super show “Brachetti, che sorpresa”, il 6 e il 7 dicembre a Udine.
Be’, di rivelazioni ce ne saranno parecchie. Non sarò solo in scena, e questa è la prima. Fra i tanti colleghi di palco ricordo Luca Bono, “l’enfant prodige della magia”, Francesco Scimemi, illusionista comico tanto geniale quanto imprevedibile e Kevin Michael Moore, il Morpheus. Sarò catapultato in un grande videogame dentro il quale incontrerò una sorta di Virgilio, il misterioso 328328, che mi accompagnerà nelle prove per passare di livello. Riuscirò a trovare la mia valigia rossa perduta?.
Si può dire che lei è un bambino nel corpo di un adulto?
Altroché. È vero. Fondamentalmente mi annoio molto e per farmi passare la malinconia, gioco. Non voglio saperne della maturità, ancora per un bel po’.
Si favoleggia sulla sua casa magica...
Abito in un palazzo del Settecento e mi pareva un luogo troppo impettito per essere divertente. E cosí ci ho messo mano. I muri si spostano, gli specchi parlano, scorre acqua blu e c’è pure una stanza segreta. Ah, un bagno è ispirato a Magritte, l’altro a Keith Haring. Si ha l’impressione di entrare in un quadro.
Non è che ha fatto sparire gli architetti, cosí non potranno mai svelare i segreti di residenza Brachetti?
(Sorride). È tutta gente fidata. Sa cosa mi diverte? Portare gli amici a fare un giro turistico. Sta diventando un tour davvero popolato, ultimamente.
Aldo, Giovanni e Giacomo stanno per entrare nel venticinquesimo anno di comicità. Quindi?
Quindi li trascinerò a teatro. Sarà un the best of “truccato”. Potevo resistere alla tentazione?
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