Barenghi: le sue rime spuntano nel vuoto e brillano nel silenzio

Il critico e Vecchiet in sala Corgnani per l’anniversario «Questa pubblicazione fu un evento letterario memorabile»
Di Fabiana Dallavalle
Udine 16 Dicembre 2016. mostra tarantola Copyright Petrussi Foto Press MassimoTURCO
Udine 16 Dicembre 2016. mostra tarantola Copyright Petrussi Foto Press MassimoTURCO

«Siamo giunti al momento conclusivo di una settimana dedicata a un importante avvenimento che vide il poeta Giuseppe Ungaretti a Udine. Un fatto di un’importanza storica unica – ha sottolineato l’assessore alla Cultura, Federico Pirone – che lega per sempre la nostra città a uno dei più straordinari poeti italiani del Novecento. Ringrazio l’Associazione dei Toscani in Friuli Venezia Giulia per la collaborazione che ci ha dato durante tutta questa settimana». Esattamente un secolo fa, nel dicembre del 1916, lo Stabilimento Tipografico Friulano di via di Prampero pubblicò la primissima edizione, stampata in soli 80 esemplari, de “Il Porto sepolto” di Giuseppe Ungaretti, una silloge che rivoluzionò la poesia italiana contemporanea. In piena Grande Guerra, il soldato semplice Giuseppe Ungaretti, nato ventotto anni prima ad Alessandria d'Egitto, grazie all’aiuto del tenente Ettore Serra, ventiseienne spezzino e appassionato di poesia e poeta egli stesso, pose le basi per il completo rinnovamento della poesia italiana, che da allora non poté più essere quella di prima, aprendo la strada alle sperimentazioni ermetiche e simboliste. Federico Pirone ha aperto ieri sera, la speciale conferenza intitolata “Un libro senza eguali. Il Porto sepolto” che ha visto ospite in sala Corgnali, in riva Bartolini, Mario Barenghi, docente di Letteratura italiana all’università Bicocca di Milano e grande conoscitore della poesia ungarettiana. «A me l'onore di presentare il relatore che insegnò nel nostro ateneo letteratura contemporanea. Organizzammo nei primi anni novanta proprio con lui una serie di incontri. Nel novantasei curammo l’idea di pubblicare un’edizione molto accurata del “Porto sepolto”. Ecco dunque – ha sottolineato il direttore della Biblioteca e dei Civici musei Romano Vecchiet – che il contesto che ci vede questa sera riuniti, (quello della biblioteca comunale) è scelto non a caso, perché proprio alla Joppi viene conservata una delle rarissime copie giunte fino a noi della prima edizione della silloge poetica di Giuseppe Ungaretti, che dieci anni fa, grazie alla cura di Barenghi, è servita da prototipo per ristampare in copia anastatica, ma questa volta in 800 copie». «Amo gli anniversari – ha esordito Barenghi. Negli anniversari letterari celebrano la propria coesione le comunità a cui appartengono gli amanti della poesia e della letteratura, chi reputa che le opere siano portatrici di un patrimonio da conservare, ma anche gli amanti della lingua italiana. “Il Porto sepolto” fu un evento anche per questo. Trentadue componimenti, per ottanta copie. Ungaretti aveva in mente tutti i destinatari, amici, poeti, critici. La risonanza dell’opera fu straordinaria. Perché fu un evento memorabile tale pubblicazione? C’era la poesia preziosa di D’Annunzio, il funambolismo ironico di Palazzeschi. Con Ungaretti si riparte da zero. Cambia l’universo linguistico. Le sue parole sono pesate una a una. Spuntano in mezzo al vuoto e vibrano nel silenzio». Barenghi legge “Veglia” e commenta: «Parole che sembrano dissepolte in quel momento, che vengono pesate una a una. Sintassi disarticolata. Metrica frantumata. Le sillabe da estirpare come da un’incrostazione geologica. Il titolo caro al poeta rimanda a una leggenda che vuole un porto sommerso precedente l’età alessandrina. Un segno di una civiltà perduta, una approdo mitologico, un’immagine carica di simbolismo. L’aggettivo porta in sè l’idea di un mondo sottostante, precedente. È una raccolta attentamente pensata, si apre con una dedica in memoria di un amico morto suicida. Dentro, ha la chiave di volta in “I fiumi” datati 16 agosto 1916, in cui ricerca l’essenzialità della parola. Poco prima poesie molto dure. Ci sono i morti. Ma la guerra è evento metafisico. Il porto sepolto è una presa di coscienza di sé».

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