Antonietta Nadalini Sbaiz, quella “ragazzaccia” anticonformista che ha trovato la libertà nello stile
LIGNANO. Lignano ha perso la sua icona dell’alta moda. Dicembre è stato funestato dalla morte dell’89enne Antonietta Nadalini Sbaiz, lungimirante imprenditrice che portò l’alta moda a Lignano: partendo da un piccolo e colorato bazar nel quale vendeva bottoni e stoffe, avviato assieme al marito Marino in una città turistica ancora ai primordi (era la metà del secolo scorso, infatti), Sbaiz diede vita a un impero.
Giulia Rosania, scrittrice, autrice del libro “Antonietta Sbaiz moda, passione e coraggio”, ha scritto per il Messaggero Veneto questo ritratto della protagonista della moda lignanese.
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Essere imprenditori non concerne solo il fare o maneggiare, ma anche e soprattutto il saper pensare, saper generare moltissime idee, esserne ossessionati e scegliere quella giusta fra mille.
Antonietta, come recita quel libro, ha dato ospitalità dentro di lei a molte dee. Ogni donna le possiede, ma non tutte danno loro la voce. In lei hanno albergato Atena la stratega, ma anche Estia la custode del focolare e Afrodite, l’amante. Più di tutte Artemide, la dea della visione lunare.
Sì, direi che Antonietta è stata una ragazzaccia, emancipata e talvolta sola nelle sue battaglie, non si è persa d’animo, ha proseguito il suo vagabondare nei boschi per dare la caccia allo stile e attraverso quei percorsi e cammini ha saputo ascoltare la voce delle sue dee.
È stato questo che le ha permesso di liberarsi da un periodo pesante e da una generazione, quella del secondo dopoguerra, francamente pesante anch’essa e di occuparsi della leggerezza e dello stile. Attraverso lo stile Antonietta ha espresso la fiducia in se stessa e nella vita. Il suo negozio è la manifestazione della vitalità del suo carattere e del suo spirito.
Il segreto del suo successo? Direi più d’uno. Il primo è stato la sua totale mancanza di paura, la solida fiducia nei suoi mezzi, la tenacia nel perseguire il proprio obiettivo l’hanno resa capace di compiere numerose escursioni nel futuro, il luogo da lei preferito. Il secondo è l’anticonformismo, il “fattore maverick”.
Per andare da A a B alcuni usano la linea retta, altri si perdono negli arabeschi, lei aveva un pensiero laterale e le sue soluzioni hanno spesso spiazzato i collaboratori per la loro obliquità. Anticonformista nelle scelte degli stilisti che più ha amato, ma anche autenticamente distaccata dalle critiche che talvolta riceveva Lei preferiva farsi fotografare dai passanti in mise che lasciavano a bocca aperta, irrompeva negli atelier scegliendo con sicurezza capi che era sicura di vendere, ma trascorreva anche pomeriggi a lavorare a maglia, seduta sul divano posto alla fine della grande scalinata progettata dall’architetto Nardi, a parlare (d’amore?) con le commesse.
E il terzo potrebbe essere considerato un difetto: l’individualismo. Il gruppo prevede qualche compromesso, richiede la ricerca del consenso attraverso scelte condivise o peggio ancora la necessità di assumere un ruolo: da creativa Antonietta però amava molto anche rompere gli schemi.
Non riusciva proprio ad essere accomodante. Si sa che in un ritratto sono le ombre a dare potenza alla personalità, è nelle pieghe di un carattere che trovi lo spessore, è nella molteplicità dei chiaro scuri ben piazzati che viene fuori la figura.
Antonietta lascia in noi una profonda nostalgia anche per quel periodo della nostra vita comune, gli anni Ottanta e Novanta in particolare, che abbiamo tutti vissuto inconsapevoli della bellezza che ci circondava, che oggi rivorremmo e ci sfugge il come. Come abbia fatto Antonietta, rimane il suo segreto. —
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