“Altris Feminis”, in otto episodi: un viaggio nel Friuli d’oggi in rosa

Continua il viaggio alla scoperta di “Altris Feminis”, altre donne del Friuli contemporaneo che hanno fatto della loro passione un coraggioso stile di vita. Sono “altre” per le tenaci e inedite scelte vissute nella quotidianità; e “altre” perché si tratta di un lavoro che arricchisce di nuove figure il percorso iniziato con “Feminis”, prima stagione della serie documentaria di Dorino Minigutti, regista delle videointerviste. Il progetto, implementato di 8 episodi, è prodotto da Agherose di Anna Di Toma e Minigutti, finanziato dal Fondo Regionale per l’Audiovisivo, con il sostegno dell’Arlef.
Ritratti che emergono dal dialogo, affiorando di volta in volta nella casa e nei luoghi della protagonista di turno, alla ricerca del suo mondo e della sua interiorità, nella fecondità delle relazioni e nel rapporto tra l’ambito professionale e personale. “Feminis” è in lingua friulana perché l’identità è punto di partenza di questo viaggio. Oggi (e venerdì in replica) andrà in onda alle 21.40 la nuova puntata su Rai 3 bis (canale 810).
Anticipazioni, aneddoti e riflessioni attorno a questi ritratti-dialoghi femminili emergono parlando con il regista e autore del progetto, Dorino Minigutti.
Nella nuova stagione muta la figura dell’intervistatore, da Angelo Floramo a Mara Bergamasco. Quali le novità?
«Un cambio di sguardo. Da quello maschile a quello femminile che agevola una maggiore e inevitabile complicità di genere. Anche l’approccio è diverso. Intellettuale, analitico, introspettivo quello di Angelo. Disincantato, immediato e schietto quello di Mara. Le storie raccontano donne inusuali. Ad esempio suor Carla, che in modo contemporaneo e “fresco” ci fa sentire la sua scelta di vita religiosa oggi. Curioso anche il mestiere di Martina Monfredo che lavora come corriere e porta in giro con il suo furgone tutta la sua energia. Il progetto, fin dall’inizio, ha scelto donne che siano di “esempio” per le altre donne».
Che idea di donna emerge?
«Ogni episodio in 20 minuti svela più piani, personale, sociale, adolescenziale andando al passato. Non esiste un bianco e un nero per queste figure, ma tante sfumature. Ogni ritratto è frutto della combinazione di luogo, tempo e carattere. Crescere in Carnia, piuttosto che a Udine o a Gorizia, è cosa ben diversa. Ricordo nella prima serie la multiculturalità e il multilinguismo emerso nel confine goriziano».
La puntata di stasera racconta Sonia Venturini che autoregolamenta la propria ribellione scegliendo il collegio, ci fa riflettere sulla relazione maternità-lavoro e trasforma la sofferenza in condivisone e prevenzione. Una storia spiazzante?
«Sì. Dimostra che in ogni generazione gli adolescenti sono ribelli. Non esistono generazioni buone e cattive. Sonia trasforma l’esperienza del cancro in impegno sociale. Lo rende pubblico per rendersi utile. Trasforma il trauma del taglio dei capelli in gioco con i figli. Maternità definita “un tradimento” dalla donna per la quale lavorava. Dunque non è l’uomo contro le donne. Semmai il business».
La scelta della lingua friulana, in relazione alle lingue minoritarie, è coraggiosa come le donne intervistate?
«Usare la lingua madre ha permesso di andare in profondità, arricchendo di sfumature e spontaneità il dialogo. Penso a Suor Carla. Ci ha raccontato che una volta alla settimana, facendo visita alla casa di riposo, sceglie di usare la lingua friulana e d’un tratto l’atmosfera si fa intima, famigliare. I progetti Agherose escono dai confini. Da ottobre la serie sarà su una piattaforma on demand europea, “my culture”, di prodotti multimediali in lingue minoritarie. Vogliamo progettare con altre regioni europee. Non dimentichiamo che anche la lingua italiana, vista nel contesto mondiale, è minoritaria».
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