Altan e i Cipputi d’oggi in un documentario: «L’Italia è quel che è, ma mi piace ancora»

Il disegnatore, che vive ad Aquileia, presenta a Udine il film che racconta la sua carriera, dalla Pimpa al celebre operaio

Siamo tutti un po’ Cipputi. Anzi la mano chi non si è sentito almeno una volta nella vita come il protagonista delle vignette del disegnatore Altan, che da più di 40 anni racconta con ironia gli italiani. Francesco Tullio Altan è protagonista del film documentario Mi chiamo Altan e faccio vignette” del regista Stefano Consiglio, che sarà presentato (alla presenza del disegnatore e dell’autore) oggi, lunedì, alle 21.15 al Giardino Loris Fortuna di piazza Primo maggio a Udine (e domani, martedì, alle 21 nella sala di Cinemazero a Pordenone).

Come è nata l’idea del documentario?

«È stata un’idea del regista, a cui ho ceduto nonostante il mio carattere poco incline a queste cose; poi credo che il risultato sia molto buono»,

Da decenni racconta l’Italia e, soprattutto, gli italiani. Ma nelle vignette non ci sono mai politici, salvo presenze molto “ingombranti”...

«È vero, ma m pare più interessante parlare degli elettori piuttosto che degli eletti».

Quali sono le sue fonti d’ispirazione?

«Le fonti sono le più diverse, a volte le idee arrivano senza che me ne accorga. Ascolto la gente, guardo la tv, sento la radio, leggo i giornali e alla fine ci sono cose che richiamano la mia attenzione...».

Come le vengono certe battute così fulminanti? (ne ricordiamo una? “Siamo sull’orlo del baratro”. “Goditi il panorama”)?

«Non lo so neppure io, talvolta mi viene in mente una frase e...».

Il suo collega Staino definisce le sue vignette “filosofiche”...

«In qualche modo hanno un senso di filosofia popolare; mi occupo di sensazioni della vita. La gente ha sempre qualcosa dentro, che mi interessa più di altro».

La satira è ancora “un antidoto alla passività”? Ed esistono limiti ?

«In politica adesso è tutto un po’ confuso, ma fa parte dell’essere umano. Reagire a qualcosa che non va è una necessità, anche se oggi è più difficile. In generale la satira non può avere limiti, sennò si snatura. Certo, è però anche una questione di gusti...».

Siamo ancora un popolo di “anarchici molto disciplinati”?

«Siamo poco disciplinati, certo, anche se nell’emergenza Covid la gente è stata abbastanza cosciente, cambiando atteggiamento. Un po’ di ottimismo ci vuole...».

Parliamo dei suoi personaggi. Esiste ancora il Cipputi nell’Italia di oggi?

«È lo stereotipo dell’operaio, oggi forse no...Vittorio Foa una volta ha detto che “Cipputi è quello che lavora bene e fa le cose ben fatte...».

E poi c’è la Pimpa. Lei ha disegnato molti personaggi per l’infanzia, ma la Pimpa ha un peso diverso...

«Perché è nata per caso, per mia figlia che era piccolina, non per la pubblicazione. Poi il Corriere dei Piccoli ha voluto le storie e ormai da 45 anni faccio i pallini rossi, tutti i giorni, Vedo che con i bambini funziona, perché è diventata un’amica».

Una curiosità: quante vignette ha realizzato?

«Oltre settemila. Le vignette sono numerate, per questo lo so... Ho dovuto farlo per la pubblicazione sui libri».

Un’altra curiosità: quando realizza una vignetta viene prima il disegno o il testo?

«In linea generale ora prima il testo, ma all’inizio realizzavo un disegno e mi chiedevo cosa potesse dire. Quando c’è l’idea, una vignetta la realizzi in 5 minuti. Alle volte bisogna girarci un po’ attorno...».

Lei è stato anche sceneggiatore e scenografo. Le manca fare il cinema?

«L’unica cosa che mi piaceva del cinema era l’impegno comune. Io lavoro da solo. Il cinema, lo stare sul set, è un’attività noiosissima, ma è bello vedere il risultato finale collettivo».

Ha mai pensato “Basta con questo Paese e i suoi abitanti, non li racconto più”.

«No, il Paese è quello che è, ma mi piace ancora abbastanza». —
 

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