All’abbazia di Rosazzo c’è Delù, il giardiniere di Versailles: «Coltivo grandezza e splendore»

Il Vigne Museum è il progetto realizzato sulle colline di Rosazzo da Yona Friedman con Jean-Baptiste Decavèle nel 2014, in occasione dei 100 anni del patriarca del vino Livio Felluga, che ora ospita fino al 16 giugno un progetto Rave di Giuseppe Stampone insieme a Dom Mimi
dav
dav

Il tema è “L’età del rimedio” e tutto è cominciato nel Borgo di Soleschiano dalle sorelle-artiste Isabella e Tiziana Pers, con la loro associazione culturale “Rave East Village Artist Residency” in collaborazione con il Vigne Museum. Si indaga sulle emergenze del nostro tempo, dalla situazione ambientale al rapporto tra le specie.

Un elaborato progetto che vede insieme per la prima volta, unite da una visione simile e complementare, l’associazione Rave e il Vigne Museum, associazione presieduta da Elda Felluga e diretta da Giovanna Felluga. Il Vigne Museum è il progetto realizzato sulle colline di Rosazzo da Yona Friedman con Jean-Baptiste Decavèle nel 2014, in occasione dei 100 anni del patriarca del vino Livio Felluga, che ora ospita fino al 16 giugno un progetto Rave di Giuseppe Stampone insieme a Dom Mimi.

Oggi è il tempo dell’incontro pubblico “Rivoluzione Pianeta”, all’Abbazia, alle 11. Moderati da Patrizia Catalano interverranno Giovanni Delù (giardiniere d’arte e orticoltore del Giardino di Versailles), Pietro Gaglianò (critico d’arte), Stefano Mancuso (neurobiologo vegetale), Daniele Puppi (artista), Marisa Sestito (vice presidente Giant Trees Foundation) e Giuseppe Stampone (artista). Abbiamo incontrato il ventiseienne Giovanni Delù, nato nel Monferrato, e ora a Versailles, dove lavora nel “Potager de la Reine”, un orto destinato alla produzione di ortaggi per il ristorante tristellato di Alain Ducasse.

Cosa significa essere in uno dei luoghi botanici più glamour del pianeta?

«È fantastico, è stato inaspettato, stimolante e lo è ogni giorno, la sorpresa è continua ed è ciò che mi piace di più».

Perché ha scelto la via dell’orto?

«Perché mi è sempre piaciuto; iniziai all’Hameau de la reine (la parte più bucolica) giustamente perché era un mix tra giardino storico e orti. L’orto vuol dire tanta fatica, ma anche tanta soddisfazione».

Come è nato il rapporto con Ducasse?

«In realtà nel modo più semplice. Un giorno il mio capo mi disse che aveva bisogno di spostarmi in un’altra squadra e mi chiese se avrei preferito restare all’Hameau de la Reine. Accettai la sua decisione».

Qual è l’ortaggio che preferisce?

«La melanzana d’Etiopia, perché è un frutto che inganna. Difficile a coltivare e i suoi fiori sono discreti».

Cosa le manca dell’Italia?

«Mi manca soprattutto il cibo e naturalmente un po’ la mia famiglia».

Cosa preferisce della Francia?

«Mi piace la mentalità sui giardini, la loro sensibilità a livello ambientale. E mi piaccioni i loro vini bianchi».

Cosa è rimasto delle vestigia di Re Sole?

«L’idea che lui sia là, le curve dei suoi giardini, la sua grandezza, lo splendore, l’esagerazione».

Cosa legge?

«Libri di storia dei giardini perché ahimè mi rimane solo la sera per leggerli».

Che musica ascolta nell’orto?

«Nessuna, anzi mi infastidisce. Preferisco il silenzio della mattina».

Cosa significa essere nato in una provincia italiana?

«La miglior cosa che mi sia successa. È stato un ottimo punto di partenza, grazie a ciò ho appreso tante cose».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto