Alla scoperta del passato: benandanti e streghe tra il Friuli e la Slovenia
La prima uscita dell’editrice goriziana Nataša Cvijanović: la presentazione del libro a Ronchi dei Legionari

Nataša Cvijanović inaugura la sua doppia veste di autrice ed editrice, presentando oggi alle 18, all’Auditorium Comunale “Casa della Cultura” di Ronchi dei Legionari, “I benandanti e le streghe di confine”, libro basato sulla tesi di laurea triennale intitolata “Una comparazione tra i benandanti e le streghe del Friuli e i loro omologhi sloveni e croati”.
L’incontro, in dialogo con Alberto Cecon, storico delle religioni, è inserito nell’ambito del festival “Noi e la storia”.
Il saggio è pubblicato dalla nuova Casa Editrice Selvaggia, così raccontata da Nataša Cvijanovic': «Selvaggia ha due obiettivi: preservare la conoscenza del passato, affinché non si perda nelle pieghe del tempo e incoraggiare la divulgazione di libri lontani dal mainstream, scritti da artisti in grado di osservare il mondo da un punto di vista altro, divergente e originale».
Il primo libro in catalogo è quello che la vede come autrice. Un lavoro che scaturisce dalle sue origini e dai suoi percorsi di studio: «Sono cresciuta tra due culture e tradizioni diverse. La mia famiglia è originaria della Jugoslavia e io sono nata a Grado, un’isola italiana ricca di storia e circondata dal Mare Adriatico. Cosa ha prodotto, in me, questo calderone di opposti? Una fascinazione per tutto ciò che rappresentano tre parole chiave: la conoscenza, il diverso e il limes».
Così Nataša Cvijanović si presenta nella prefazione “I benandanti e le streghe di confine”. Cambiano nome i benandanti e diventano krsniki o kresnici in Slovenia, Istria e Dalmazia; zduhaći, stuhaći, vetrovnjaci, vetrenjaci, oblačari in Bosnia, Serbia e Montenegro; zmajeviti in Serbia; mazzeri in Corsica; tàltos in Ungheria; lupi mannari in Livonia; sciamani in Lapponia; burkudzäutä in Ossezia.
L’autrice evidenzia le similitudini tra i benandanti e le streghe del mondo friulano e del mondo slavo, sottolineando una maggior perdita di conoscenza delle pratiche in terra friulana, più a contatto con l’ambiente cristiano. «I sciamani e le streghe slavi agivano lontano dalle ingerenze ecclesiastiche, anche grazie al fatto di vivere in villaggi spesso remoti e difficili da raggiungere, e quindi controllare».
Nataša Cvijanovic' spiega come le caratteristiche e le funzioni della strega si ritrovino similmente nei Balcani: ecco allora “veštica” (o “vešta”) al femminile e “vračar” al maschile, grandi conoscitori di magia a scopo terapeutico e divinatorio.
Il saggio si sofferma anche sugli attributi e sugli strumenti legati a queste figure: la sacca amniotica, la scopa, lo specchio, il catino d’acqua, il finocchio e il sorgo. Racconta le storie di donne e uomini che, «nati con segni peculiari, si riconoscevano e venivano riconosciuti come persone a metà tra l’umano e il divino, e per questo in grado di sostenere e proteggere le loro comunità; una fonte di conforto e sicurezza in una realtà rurale costantemente esposta al freddo, alla miseria e alla fame». Attraverso atti e testi di autorevoli studiosi, interpellando anche le neuroscienze, il libro entra nella pratica del sabba, ma anche nell’uso di incantesimi e contro-incantesimi, orazioni e gesti rituali di purificazione e in difesa di malefici.
L’autrice ripercorre inoltre la storia dell’Inquisizione in Friuli, ma anche le persecuzioni delle streghe nelle terre slave, auspicando lo sviluppo di ulteriori studi, di «una ricerca puntuale e interdisciplinare – storica, antropologica, etnografica, folkloristica, mitografica, neuroscientifica – che ampli il campo di indagine».
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