Afro, Zigaina, ecco i gioielli che vanno all’asta

Oggi alla galleria Colussa i capolavori della collezione Scialino, un’eccellenza culturale per com’è stata costruita nel tempo
Di Isabella Reale

ISABELLA REALE. Dimmi che cosa collezioni e ti dirò chi sei: è sufficiente la precisa indicazione "Collezione privata, Bellazoia di Povoletto", per spiegare il contesto culturale e sentimentale, radicato in un fertile e friulanissimo humus culturale, in cui sono maturate le scelte del collezionista, come risulta dai tanti cataloghi di mostre riferiti alle opere ora in asta il 13 da Stadion a Trieste e in mostra da oggi, dalle 17, in Galleria Colussa a Udine. Nel verde scenario delle colline a nord di Udine, tra vigne animate dalle luci riflesse dal torrente Malina, in un’antica dimora in pietra sono state raccolte amorevolmente per alcuni decenni opere di eccellenza dei principali protagonisti dell’arte del nostro Novecento, e attorno all’antico fogolâr si sono riuniti per interminabili dispute culturali artisti, mercanti, curatori. Un collezionista dunque, l’avvocato Giuliano Scialino che, sottolineando con puntiglio il luogo di provenienza della sua raccolta, ben rappresenta il legame con la propria terra, perpetrando una tradizione del collezionismo colto come senso di appartenenza a una civiltà, oltre che come condivisione di una ricerca personale, radicata in rapporti diretti con gli artisti, primo tra tutti Giuseppe Zigaina. Una frequentazione dialettica e intensa iniziata trentatre anni fa e durata fino agli ultimi giorni di vita del maestro: precise indicazioni dello stesso artista hanno permesso infatti il formarsi di un’ampia e articolata sequenza di oli, disegni, studi, alcuni dei quali, veri capolavori, figureranno nell’asta Stadion, la prima dopo la scomparsa di Zigaina e importanti segnali, da parte del mondo bancario e assicurativo, ci fanno auspicare un forte interesse nei confronti di questa sua eredità: si spazia dal ritmo concatenato dei “Mietitori”, del ’47, all’epopea delle biciclette e degli attrezzi agricoli che contrassegna le scelte figurative lungo gli anni Cinquanta di un realismo che da militante si fa esistenziale, in un dialogo sempre piú fitto col paesaggio della bassa friulana, tra drammatici tagli di luce e improvvisi bagliori, fino al ciclo delle “Visitazioni” degli anni Settanta, ai cieli infuocati dai tramonti sui vigneti verso la laguna elaborati lungo gli anni Novanta. Ma la collezione è caratterizzata anche da altre presenze, anch'esse eloquentemente friulane, a partire da Afro e Mirko Basaldella, senza dimenticare una tenerissima “Madonna” attribuita a Domenico da Tolmezzo, o il capitello quattrocentesco della Loggia del Lionello. Il dipinto cronologicamente piú storico di Afro è la “Natura morta” con bicchiere, un olio del 1942 esposto alla IV Quadriennale romana, decisivo per il cambio di registro del suo linguaggio, qui tutto concentrato su una nuova espressività del colore e sulla sintassi cubista che ne squadra i volumi e le ombre. Il tema della Vanitas, derivato dalla lezione di Morandi, persiste nella presenza delle due pipe "chiozzotte" allegoriche del fumo come simbolo dell’effimero, ma anche pervase da un intimismo meditativo, sottolineato dai toni bassi della tavolozza che ne fa un vero capolavoro di concentrazione formale e cromatica scelto anche da Enrico Crispolti nella mostra udinese dedicata nel 1987 ai tre Basaldella. Di Afro figurano anche preziose carte a tecnica mista, studi e bozzetti che esemplificano l’appunto veloce e l’idea per nuove composizioni. Eccezionali, in quanto pezzi unici, anche i sei piatti “da parata” firmati e datati 1947, decorati da Afro per la manifattura fiorentina Miniatti, nello stesso anno in cui venne realizzata la “Crocifissione” modellata in ceramica da Mirko e dipinta da Afro a Roma ora conservata alla Fondazione Crup a Udine. Nel cavetto le nature morte, disegnate e campite con un gioco di distorsioni e compressioni adattandosi al cerchio, tra vasi dalle forme svirgolate, fiori, dadi e carte da gioco, pennelli e tavolozze, sono concepite, come nella ampia serie di nature morte disegnate e dipinte in questo 1947 anch’esso particolarmente fertile di nuove idee, in una ritmica dettata dal lessico cubista. Una collezione dunque che ha maturato le sue scelte in modo oculato, spaziando nella pittura di Afro tra suggestioni ed emozioni personali, ma anche tra attente valutazioni, conquistandosi negli anni altri capolavori giovanili, come il “Vaso con girasoli” (1943) o del periodo informale, come il “Paesaggio” del 1953, acceso da misteriosi cromatismi, o il “Piccolo rosso” del 1959, palpitante di energia e anche stampigliato su un’elegante etichetta di un altrettanto suadente vino rosso accuratamente selezionato nella vigna appunto di Bellazoia. Anche il “Mimo danzante”, un bronzo del 1967 fa parte di una piú ampia scelta di sculture che ben rappresentano l’opera multiforme di Mirko, che in collezione ha visto sfilare il “Sacerdote guerriero”, del 1958, o la preziosa “Fame” dalla celebre collezione americana Seeger, battuta in asta nel 1998 da Sotheby's a Milano con preview alla Galleria d'Arte Moderna di Udine, occasione ben sfruttata all'epoca da importanti collezionisti friulani e che ci auguriamo si rinnovi per sana emulazione, ma anche per accorto e lungimirante investimento, ai giorni nostri.

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