Addio a Nicola Caracciolo Il raffinato intellettuale che indagava nel passato

Mirella Serri

Una foto bellissima ritrae il 46enne Nicola Caracciolo elegante, in mocassini e camicia, una domenica del 1977 seduto sui binari della ferrovia Roma-Genova. Intorno a lui c’è un colorito gruppo, formato da 400 butteri maremmani a cavallo, da giovani del movimento degli indiani metropolitani e da esponenti di tanti partiti. Era il battesimo del fuoco del movimento antinucleare che ebbe come leader il giornalista e regista. Nicola Caracciolo di Melito principe di Castagneto, con la sua solita ironia, rivendicava divertito: «Ho messo tutti d’accordo, destra e sinistra, pacifisti e movimenti studenteschi, comunisti e missini».

Storico di vaglia, Nicola è deceduto ieri mattina nella romana clinica Villa Margherita. Era nato il 19 maggio 1931 a Firenze, figlio di Filippo e di Margaret Clarke, fratello minore dell’editore Carlo, fondatore de l’Espresso e di Repubblica, e di Marella, moglie di Gianni Agnelli. Aveva ereditato dal padre Filippo, diplomatico antifascista, segretario del Partito d’Azione, la passione per la politica. Deciso oppositore di ogni oppressione coloniale, Nicola, corrispondente per l’Espresso e per Il Giorno, aveva dovuto abbandonare nel 1962 Algeri dopo aver denunciato le sofferenze cui era sottoposta la popolazione musulmana dalla formazione di estrema destra nazionalista francese, l’Oas.

Corrispondente della Stampa da Washington, si fece notare per i suoi interventi in difesa delle minoranze, contro la discriminazione razziale. Negli Anni 60 e 70 Caracciolo scoprì il suo interesse per la storia e diventò un raffinato indagatore del passato, con saggi sulla shoah e sulla difesa degli ebrei da parte dei diplomatici nei territori occupati da Mussolini. Grande estimatore dell’opera di Renzo De Felice, lo difendeva a spada tratta quando lo studioso veniva attaccato per la monumentale biografia di Mussolini. L’interesse per il passato si coniugava con l’attrazione per il nuovo e per il mezzo televisivo: i suoi documentari storici, da Hitler e Mussolini a I 600 giorni di Salò a Ciano non sono mai stati illustrazioni di eventi ma intense riletture. Nel programma La grande storia fece un ampio ritratto del re Umberto, il fragile «re di maggio». Sempre per la tv, Caracciolo ci ha restituito i profili ricchi di sfaccettature di grandi manager, da Giovanni Buitoni ad Adriano Olivetti. E si cimentò pure in un confronto televisivo molto schietto e diretto con suo cognato, l’avvocato Gianni Agnelli. L’attrazione fatale per la politica portava Nicola a lunghe discussioni con il fratello Carlo nella villa di famiglia a Garavicchio. Questa attrazione si è trasformata nel tempo in impegno civile e in militanza per la difesa dell’ambiente: collaborò a lungo con Italia Nostra di cui era presidente onorario ed era anche presidente del premio internazionale Capalbio-Piazza Magenta. La cura, ma si potrebbe dire il senso sacrale della natura, la condivideva con la sorella Marella, con la moglie Rossella Sleiter, giornalista di Repubblica e grande esperta di giardini, e con Marellina, la figlia nata dal primo matrimonio con Judy Trenholme. Dopo aver subito nel 2013 un grave lutto per la perdita del 36enne figlio Filippo, Caracciolo soggiornava di frequente nella villa capalbiese. —

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