A Udine le spoglie del senatore e del carabiniere uccisi dai titini

Alvise Renier
La riconsegna dei resti del senatore Riccardo Gigante e del vice brigadiere Alberto Diana
A distanza di settantacinque anni, sono finalmente tornati a casa. Sono i resti dei corpi di Riccardo Gigante, irredentista, senatore del Regno d’Italia e podestà di Fiume, e di Alberto Diana, vice brigadiere dei carabinieri. Entrambi erano stati uccisi dai partigiani di Tito il 4 maggio 1945 in località Crekvina, nei pressi di Castua, un paese che oggi si trova in Croazia, tra Abbazia e Fiume.
I loro resti mortali sono stati ritrovati il 7 luglio 2018 in una fossa comune, grazie a una campagna di ricerca promossa dal Commissariato generale per le onoranze ai caduti. Assieme a loro, c’erano i resti di altri sei italiani, la cui identità rimane ancora sconosciuta. A tutti i caduti è stata data sepoltura provvisoria all’interno del sacrario militare di Udine. Dopo l’analisi del dna e l’identificazione, i resti di Riccardo Gigante e Alberto Diana sono stati riconsegnati ai loro familiari in una cerimonia solenne tenutasi ieri mattina presso il sacrario militare di San Nicolò al Tempio ossario.
Avvolte dal Tricolore, le urne contenenti i resti dei due caduti hanno sfilato all’interno della chiesa, portate a mano da un carabiniere e da un ufficiale dell’esercito. A officiare la celebrazione è stato don Giuseppe Gangiu, cappellano militare della Brigata alpina Julia, che ha paragonato il Tricolore al lenzuolo in cui venne avvolto Cristo appena deposto dalla croce. Dopo la benedizione, le urne sono state ufficialmente riconsegnate ai familiari dal generale di corpo d’armata Alessandro Veltri, commissario generale per le onoranze ai caduti.
Nel caso del senatore Gigante, è stato il pronipote Lorenzo a ricevere l’urna, mentre i parenti del vice brigadiere Diana hanno preferito dargli sepoltura proprio nel Tempio Ossario di Udine. Per onorare i caduti, alla cerimonia erano presenti autorità, militari e non. Tra questi Lorenzo Tosolino, consigliere regionale, l’assessore Alessandro Ciani, il prefetto di Udine, Angelo Ciuni, il generale Alberto Vezzoli, comandante della Brigata alpina Julia, e il generale Andrea Bertocchi, comandante del comando militare regionale esercito.
«Nell’estate del 2018 – ha raccontato il generale Veltri – abbiamo ritrovato a Castua i resti dei corpi di quelli che pensavamo essere sette caduti italiani». Al momento del ritrovamento, i resti erano privi di qualsiasi elemento distintivo: «Ci siamo trovati di fronte delle ossa scomposte e frammiste, alcune delle quali visibilmente corrotte. Soltanto grazie all’intervento di un anatomopatologo siamo riusciti a separarle e ad ipotizzare che si trattasse di sette corpi diversi». Data l’impossibilità di un immediato riconoscimento, dopo il rientro in Italia, le urne contenenti i resti sono state temporaneamente tumulate nel tempio ossario di Udine.
In occasione del rimpatrio dei resti dei caduti, il 15 settembre del 2018 è stata celebrata una messa in loro onore nella chiesa di Sant’Elena a Castua. «In quella circostanza – ricorda il generale Veltri – è intervenuto Lorenzo, il pronipote del senatore Gigante, che ipotizzava che il bisnonno fosse stato fucilato e sepolto proprio nel luogo in cui erano stati ritrovati i caduti italiani». È stata questa segnalazione a permettere di dare un nome ad almeno due dei corpi ritrovati. «Lorenzo ha chiesto che venisse effettuato un test del dna e così sono state avviate le indagini – racconta il generale Veltri –. Nell’ambito delle stesse siamo riusciti a rintracciare anche i parenti del vice brigadiere Diana, che si sospettava essere stato ucciso nel medesimo luogo».
Il generale Veltri ha sottolineato la complessità delle analisi, condotte presso il laboratorio biologico dei Ris di Roma in collaborazione con l’Arma dei carabinieri: «Si trattava di ossa ritrovate a distanza di settant’anni da confrontare con il dna di nipoti e pronipoti, un lavoro che ha richiesto anche una ricerca genealogica preliminare, per rintracciare il congiunto più vicino ai defunti per grado di parentela».
Le indagini si sono concluse esattamente un anno dopo il ritrovamento dei resti: l’8 luglio 2019 il generale Veltri ha comunicato ai familiari l’identificazione dei resti del senatore Gigante e del vice brigadiere Diana. Le analisi hanno anche evidenziato come i corpi riportati alla luce siano otto e non sette, come inizialmente ipotizzato dal medico legale. Per i resti degli altri sei corpi nessun familiare si è ancora fatto avanti: «Purtroppo per l’esame del dna devono esserci la segnalazione e la disponibilità dell’interessato – ha spiegato il generale Veltri –, accompagnate da elementi che certifichino il fatto, perché i Ris non possono permettersi di lavorare a vuoto. Per il momento i caduti rimasti continueranno a riposare nel Tempio Ossario di Udine».
Tuttavia, rimane un nodo da sciogliere: secondo le fonti storiche sarebbero stati dieci gli italiani – non meglio identificati – a perdere la vita in località Crekvina. Due corpi sarebbero dunque ancora mancanti, in attesa di quella pace che il senatore Gigante e il vice brigadiere Diana hanno finalmente trovato. —
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