Vicario: «L’identità del Friuli è a rischio»

Appello dalla Filologica in assemblea «La Regione rimetta al centro l’autonomia, la lingua e la scuola»

«Stanno spegnendo l’identità friulana!». È il grido di dolore di Federico Vicario, nuovo presidente della Filologica. La questione – così come è stata prospettata ieri all’assemblea dei soci – è grande, complessa, ingombrante e ineludibile, anche in momenti di crisi economica che dettano agende e priorità diverse. Eppure, non c’è solo l’economia (che in questi ultimi anni ha visto troppe aziende friulane chiudere o colonizzate dai giganti venuti da fuori): questo, della cultura, della lingua e dell’identità, non è un problema marginale, racchiuso fra le mura della Filologica (cui la Regione ha dimezzato il finanziamento: da 300 a 150 mila euro, quando le spese di gestione superano i 300 mila), riguarda l’Arlef, che non ha i soldi per avviare il piano di politica linguistica, riguarda tante benemerite realtà che fanno la cultura friulana e rappresentano e testimoniano – al di là o, meglio, al di sopra di ogni credo politico – il carattere, l’identità di una gente. Sono tutte al collasso economico: l’Union scritôrs furlans, La Patrie dal Friûl, Radio Onde Furlane, Associazione Teatrale Friulana, Deputazione di Storia Patria, Accademia udinese di Scienze Lettere e Arti (400 anni di attività alle spalle), Biblioteca Civica Joppi di Udine, Istituto per la Storia Sociale e Religiosa di Gorizia, Associazione la bassa, Circolo culturale Menocchio. Senza parlare delle difficoltà che incontra l’Università di Udine per la didattica della lingua friulana e per la formazione degli insegnanti. E la Filologica, nonostante il dimezzamento, ha chiuso il bilancio 2013 con un attivo di 420 euro evitando anche lo spettro della cassa integrazione per alcuni dipendenti.

Non ci sono le retoriche della politica o dell’orticello nel discorso di Vicario, di alto profilo etico e culturale, pacato, fermo e chiaro: «Qui non si tratta di tagliare la sanità o di rinunciare alla terza corsia dell’autostrada – ha affermato il presidente –. Si tratta di domandare un minimo di attenzione per queste questioni, che significano un investimento più consistente di quell’avvilente 0,2% di risorse che la nostra Regione (nostra?) destina alla promozione dell’identità friulana nel suo complesso. Di fronte a questo scenario, mi domando e vi domando: siamo più ricchi o siamo più poveri? Lo siamo se togliamo respiro e vita a storia, cultura, tradizione e identità di un popolo, ma anche alla formazione e alla ricerca? Siamo tutti più poveri».

Che si fa, allora? Si innalza una vibrante e civile protesta? Ci si lamenta dell’assenza di friulani ai vertici della politica che conta? Ne hanno parlato l’assessore provinciale Carlo Teghil e il past president della Filologica, Lorenzo Pelizzo: «Lo dico con il massimo rispetto e senza schierarmi con nessuno – sono le parole di Pelizzo –: il presidente della Regione, i sindaci di Udine, Gorizia e Pordenone, che non sono figli della cultura e dell’identità friulane, come fanno a capire bene questi problemi, le nostre richieste e il nostro percorso?».

Vicario, usando un’espressione passata troppo presto di moda, ha detto: «Dobbiamo resistere! Facciamo in modo che la politica rimetta al centro del dibattito l’autonomia, la lingua, la scuola. Diciamoglielo adesso, tutti insieme, prima che se ne dimentichi per sempre! Ne ho parlato con altre realtà e minoranze linguistiche e siamo tutti d’accordo sulla necessità di fare squadra. Cosa voglio dire? Lo dico forte e chiaro: non è più il tempo delle divisioni (e questa è una specialità di noi friulani), è il tempo della condivisione della collaborazione con tutte le persone di buona volontà. Sono molto più numerose di quanto pensiamo. Per questo sono sicuro che non ci spegneranno».

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