Udine, Carabinieri restituiscono reperti archeologici a Iran ed Ecuador
Due giornate di grande valore culturale: bottiglie, brocche e statuette tornano nei Paesi d’origine, frutto di indagini sul traffico illecito di beni archeologici

Due giornate di grande valore simbolico e culturale, quelle del 4 e 5 settembre scorsi, quando i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Udine hanno consegnato alle Ambasciate dell’Iran e dell’Ecuador reperti archeologici di eccezionale importanza, frutto di tre diverse indagini sul traffico illecito di beni culturali.
Le operazioni, coordinate dalle Procure di Udine e Trento, hanno portato al sequestro di numerosi manufatti privi della documentazione necessaria a certificarne la lecita provenienza ed esportazione. Un lavoro lungo e complesso che, oltre a restituire al mondo beni preziosi, ribadisce il ruolo dell’Italia come punto di riferimento internazionale nella lotta contro il mercato nero dell’arte.
Le restituzioni e il precedente con la Cina
In uno dei procedimenti seguiti dalla Procura di Udine, insieme ai reperti diretti in Ecuador, i Carabinieri hanno anche sequestrato 53 raffinati vasi cinesi, successivamente restituiti a Pechino. Quei manufatti furono al centro di un evento memorabile: durante la visita di Stato dell’8 novembre 2024, il presidente Sergio Mattarella e il presidente Xi Jinping visitarono una mostra a loro dedicata, simbolo tangibile della cooperazione culturale tra i due Paesi.
I reperti iraniani
Dodici gli oggetti riconsegnati all’Iran: bottiglie, ciotole, brocche e piatti in ceramica decorata provenienti da diverse epoche e aree del Paese, dalle produzioni Qajar del XIX secolo a quelle medievali di Nishabur, Tabrestan, Kashan e Rey, fino a pezzi che risalgono al VII secolo. Questi beni erano stati rintracciati nella collezione privata di un friulano che li aveva acquistati sul mercato nero insieme a molti altri manufatti di origine estera, tuttora in fase di restituzione.
Di particolare rilevanza la grande brocca in ceramica nera con versatoio “a becco”, risalente al II-I millennio a.C. e originaria del Luristan. Sequestrata in provincia di Trento nell’ambito di un’indagine avviata nel 2022, la brocca è stata individuata come frutto di scavi clandestini e di successiva esportazione illegale. Acquistata come “souvenir non convenzionale” da un appassionato collezionista trentino, dopo la sua morte era passata al figlio, ignaro sia del valore storico sia dell’origine delittuosa. Un esemplare analogo è custodito oggi al British Museum di Londra.
I reperti ecuadoriani
Tre, invece, i manufatti consegnati all’Ecuador: due vasi in ceramica della cultura Jambelí, databili tra il 300 a.C. e l’800 d.C., e una statuetta zooantropomorfa seduta della cultura Manteño, realizzata tra l’800 a.C. e il 1530 d.C. Anch’essi provenivano dalla collezione di un privato, che li aveva accumulati durante lunghi soggiorni all’estero. La loro autenticità e rilevanza sono state confermate dalle autorità scientifiche dei Paesi d’origine tramite le Ambasciate a Roma.
Un impegno internazionale
Il rientro di questi reperti è molto più di un gesto formale: significa restituire a due popoli parte della loro identità storica e culturale. «Le restituzioni – sottolineano dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale – dimostrano come l’Italia sia in prima linea nel contrasto al traffico internazionale di beni archeologici, un mercato illecito che priva le comunità delle proprie radici e alimenta reti criminali».
Dopo la Cina, ora anche Iran ed Ecuador possono riportare a casa pagine preziose della loro storia: testimonianze che tornano a vivere, finalmente, là dove sono nate.
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