Uccide a coltellate il figlio di sette anni

Noemi Deslizzi, 41 anni, odontotecnica, ha ucciso il piccolo Alessandro sferrando decine di colpi con una lama da cucina. La sorella del bambino ha cercato di fermare la madre rimanendo a sua volta ferita alle mani
Ha strattonato il figlio Alessandro di sette anni sbattendolo contro stipiti e spigoli, poi ha afferrato un grosso coltello dal contenitore in cucina e ha infierito con decine di colpi, sfigurando il corpo del bimbo e uccidendolo. L’altra figlia di 9 anni, accorsa sentendo le grida, si è gettata per proteggere il fratello rimanendo ferita alle mani. Poi, in ginocchio davanti al figlio agonizzante e con il coltello lasciato in terra vicino al corpo, Noemi Deslizzi, 41 anni, odontotecnica, ha atteso l’arrivo della polizia, in stato di trance. Così, dopo la recente strage di Tarcento, le mura domestiche ieri mattina sono state ancora una volta il teatro d’una tragedia. La cucina della famiglia Lodolo in via Montasio 19 a Molin Nuovo di Tavagnacco si è trasformata nella scena più raccapricciante mai vista dagli stessi inquirenti. «In trent’anni di polizia non avevo mai visto colleghi piangere», ha detto un agente uscendo dalla casa dopo aver terminato di “fotografare” la scena del delitto. Via Montasio, quasi al confine tra il comune di Udine e quello di Tavagnacco, è a poche centinaia di metri dall’incrocio del Là di Moret, in direzione di Godia, subito dopo la chiesa. Al civico 19 c’è la palazzina con 4 famiglie, disposta su piano terra e primo piano; si erge nella tranquillità di villette singole e ville a schiera, lontano dal traffico. Sul retro ci sono i campi che dividono da viale Tricesimo. Nel giardino della famiglia colpita dalla tragedia ci sono due altalene, la casetta in legno per gli attrezzi, alcuni palloni; l’erba è rasata con cura. Le saracinesche sono abbassate, sulle finestre si “arrampicano” i Babbi Natale e l’addobbo per le feste è impreziosito da palline bianche con le stelle filanti. Poco dopo le 9.30 via Montasio è già bloccata: vi entrano soltanto i residenti, che si rimbalzano la voce su quant’è successo. La polizia e il 118 arrivati sul posto per primi soccorrono la bambina, che insieme con il padre è subito portata in ospedale: prima in pediatria, poi in ortopedia per l’intervento a una mano ferita. Niente di grave per lei, fisicamente s’intende. Noemi Deslizzi è invece sul divano, ancora in trance, tremante, occhi sbarrati, finché anche per lei, dopo le fotografie della Scientifica che le inquadra le mani insaguinate, arriva il ricovero in ospedale: psichiatria, con trattamento farmacologico, piantonata in stato d’arresto. La scena del delitto è quella descritta – ripetuta dalla bambina con l’ausilio d’una neuropsichiatra infantile – agli agenti della Squadra mobile che interrogano la piccola. Il suo è un racconto chiaro: era scesa in cantina per recuperare gli zaini, ha sentito le grida e poi ha visto la madre colpire il fratello in cucina. La donna aveva afferrato il più grosso coltello (22 centimetri di lama) dal “ceppo” dopo avere strattonato il figlio spingendolo contro spigoli e stipiti. Finché ha smesso di piangere, sventrato sotto i colpi al torace e all’addome. Madre e due figli erano in casa, in tuta da ginnastica; Alessandro con i calzoni blu e la felpa azzurra. Il suo corpo è rimasto riverso sul fianco destro, con il viso non colpito dalla furia della madre, anche se macchiato dagli schizzi di sangue. Era in terra, vicino al tavolo centrale d’una cucina americana molto ordinata, con le colazioni appena consumate e già spostate dalla tavola. Anche il salotto era in ordine, con il presepe e l’albero di Natale. E la gabbietta del criceto, forse l’unico testimone. «Una scena raccapricciante», ha detto il procuratore aggiunto Giancarlo Buonocore, giunto sul posto insieme con il capo della Mobile Ezio Gaetano e il medico legale Carlo Moreschi. Le loro facce, all’uscita, erano più che mai segnate. Poca anche la voglia di parlare, davanti a un caso “risolto” dal punto di vista giudiziario e tutto da scoprire per la ricerca del movente. A quanto pare, infatti, non c’è stato un episodio scatenante. Forse il piccolo Alessandro, che il sabato non va a scuola come la sorella, ha semplicemente non obbedito a qualche parola della madre; oppure si lamentava per qualcosa che non si sa. O semplicemente era vispo in casa e questo ha fatto scattare qualcosa nella mente della madre. In quel momento il padre Stefano era uscito da mezz’ora per effettuare un lavoro: è un idraulico. Anche la pittrice Emilia Linossi, che abita nell’appartamento sopra, ha sentito le solite grida di bambini che giocano, anche quando è passata davanti alla porta dell’appartamento quando verso le 9.15 è uscita a fare la spesa. Terminato il lavoro sul posto, quando anche il procuratore aggiunto Buonocore se ne torna in procura, via Montasio è presa d’assalto da giornalisti, fotografi e cameraman delle tv locali e nazionali. Sono da poco passate le 11 quando il corpo del bambino, ricomposto, lascia la casa per la cella mortuaria. L’autopsia sarà effettuata probabilmente domani, ma diventerà soltanto la conferma d’un quadro già molto chiaro e terribile per la dinamica. Tra domani e martedì sarà anche fissata l’udienza di convalida dell’arresto, con la richiesta d’una misura cautelare adeguata alla situazione, soprattutto quella psichica. Forse si intuirà il movente oppure potrà essere fatta chiarezza sul malessere che Noemi Deslizzi aveva vissuto in passato e nel quale, probabilmente, stava tornando a sprofondare. Uno stato mentale che potrebbe giustificare il raptus omicida, il “corto circuito” cerebrale che l’ha portata a fare smettere il figlio di piangere in quel modo. Per sempre. «La donna sarà piantonata – ha detto il pm Buonocore – anche perché quando comincerà a rendersi conto di quant’è successo vogliamo evitare eventuali gesti autolesionistici». Nell’immediatezza, infatti, la donna non dava la percezione di rendersi conto di nulla. «Ritengo di poter dire che l’intera vicenda, al di là della sua gravità – ha spiegato poi il pm Buonocore – vada trattata con un minimo di pietas: è un altro dramma familiare». Intanto la casa di via Montasio è stata posta sotto sequestro. A Stefano Lodolo sarà consentito di recuperare qualche effetto personale suo e della bimba. Per alcuni giorni la scena del delitto rimarrà intatta. Poi sarà dura tornarvi a vivere. E presto arriverà il processo. Forse.

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