Tre ragazze friulane salve dopo il sisma il Messico, ora aiutano i terremotati

UDINE. «E’ stata una cosa orribile. Ho visto gli edifici che si muovevano, un muro dell’università è crollato. Ma la scena peggiore è stata vedere gli anziani che uscivano dalle case e piangevano disperati in strada perché avevano perso tutto».
E’ il racconto commosso di Maria Quirino, studentessa di 24 anni di Codroipo. Insieme a Laura Dal Farra e Sara Dazzi è in Messico in questi giorni per il programma Erasmus dell’università di Udine. Tutte e tre si trovano a Cuernavaca nello Stato di Morelos dove nella serata di martedì c’è stato il violento sisma di magnitudo 7.1 che ha causato finora oltre duecento morti accertate.
Maria è a casa quando la contattiamo al telefono. Sono da poco passate le 8 del mattino in Messico. «Mi sono appena svegliata – dice -, ma non ho dormito molto. Avevo paura che il terremoto si ripetesse cogliendomi di sorpresa nel sonno. Fortunatamente nel mio quartiere di San Jeronimo non si sono verificati grossi danni. E’ tornata finalmente la luce e possiamo anche vedere i notiziari in televisione. Fino a ieri sera non sapevamo realmente cosa era successo».
Maria mentre parla si prepara a uscire, dopo aver trascorso la giornata di martedì barricata in casa, su consiglio delle autorità. All’università sono state sospese le lezioni. «Sono stata coinvolta – spiega – in una squadra di primo soccorso, le “Brigadas” come le chiamano qui, per raccogliere cibo, acqua e vestiti. Qui c’è già molta povertà. Immaginatevi cosa vuol dire ora vedere tante persone che non hanno più un tetto sotto cui ripararsi. Ciò che mi ha colpito è la solidarietà partita dal basso. Ho visto gente che formava catene umane per rimuovere con pale, bidoni e sacchi, le macerie e cercare di estrarre chi era rimasto sotto. Non potevo dire di no quando mi hanno chiesto un aiuto».
Maria prova a ricostruire ciò che è accaduto in quei tragici momenti. «Ero appena uscita dall’università e mi trovavo su un marciapiede a parlare con delle amiche. A un certo punto una ragazza si è messa a urlare. Non capivo cosa stesse accadendo perché non sono abituata ai terremoti. Sembrava di essere in una scena di un film. Tutti correvano, le macchine sbandavano o inchiodavano improvvisamente. Ci siamo buttati in mezzo alla strada perché vedevamo gli edifici ondeggiare. La prima cosa che ho fatto è stata telefonare ai miei amici per sapere come stavano – continua – ma i cellulari erano in tilt».
Il centro storico è ancora “off limit”. Una torre è crollata, un ponte pedonale, che porta nel quartiere dove c’è la gran parte degli universitari, è crollato. Gran parte delle abitazioni non sono ancora provviste di energia elettrica.
Laura e Sara, invece, dividono lo stesso appartamento. Quando le raggiungiamo al telefono stanno parlando con il padrone di casa, pronte anche loro per dirigersi nel punto di raccolta dei volontari. «Non ci sentiamo sicure qua – dicono -. Non ci sono crepe nella casa, ma non ci sanno dire se è antisismica. Ora parleremo con l’università di Udine per vedere se dobbiamo provvedere a un altro alloggio». Laura frequenta la facoltà di Lingue e risiede a Belluno. Racconta di averla vista brutta.
«Mi trovavo nel pianerottolo di casa con la donna delle pulizie quando un vaso di terracotta mi ha sfiorato cadendo dalla credenza. Mi è andata bene. Istintivamente sono scesa dalle scale – racconta – e quando sono uscita ho visto l’acqua della piscina del residence uscire dai bordi della vasca. Sono stati i 15 secondi più lunghi della mia vita».
Sara che risiede a Vittorio Veneto, martedì pomeriggio era, invece, all’università. «Ero a lezione – afferma - quando a un certo punto le immagini del proiettore hanno cominciato a muoversi. La gente urlava e i nostri professori ci dicevano di scappare dalle aule. Ero spaventata. Le mie compagne mi hanno abbracciato quando il sisma è cessato perché ero bianca in volto. Non parlavo dalla paura».
Laura e Sara erano nel Sud del Messico alcuni giorni fa. «Eravamo per un convegno sull’Unesco nella città di Oaxaca. Una settimana dopo la nostra ripartenza lì c’è stato il primo violento terremoto. Siamo state doppiamente fortunate».
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