Traffico d’armi, a Roma il caso della Berghinz

Sentito come teste il capitano Pasquariello che condusse le perquisizioni nella caserma

Il caso era scoppiato all’inizio del 2006, con il ritrovamento all’interno della caserma Berghinz di via San Rocco di un centinaio di armi sequestrate agli iracheni in occasione delle missioni “Antica Babilonia 2” (29 settembre 2003 - 6 febbraio 2004) e “Antica Babilonia 4” (23 aprile - 12 settembre 2004). Nella vicenda erano rimasti coinvolti cinque militari del Terzo reggimento guastatori, di stanza in quella stessa caserma: tutti sospettati della presunta importazione illegale di armi dall’Iraq e tutti finiti per questo sotto indagine, nell’inchiesta avviata dalla Procura militare di Padova e transitata, poi, in quelle di Roma e di Cagliari. Fino al successivo approdo alla Procura ordinaria di Udine e al definitivo trasferimento, per competenza territoriale, a quella di Roma.

Dove, qualche mese fa, è cominciato il processo davanti al collegio della Quinta sezione penale. E dove, nella nuova udienza di ieri, è stato sentito in qualità di teste il capitano Fabio Pasquariello, all’epoca comandante del Nucleo operativo del Comando provinciale dei carabinieri di Udine, che effettò le perquisizioni nella caserma e a casa di alcuni degli indagati. Uscito di scena l’allora comandante del Terzo reggimento, colonnello Silvio Zagli, di Udine, con il proscioglimento deciso nel 2009 dal gup di Udine, ad affrontare il dibattimento sono rimasti il generale di divisione Mario Ruggiero, di Roma (difeso dall’avvocato Cinzia Fuggetti), che guidò gli uomini della Berghinz durante la missione in Iraq dal maggio al settembre 2004, il maggiore Stefano Venuti, di Pasian di Prato (avvocato Andrea Mascherin), il maresciallo capo Bruno Garlant, di Coseano (avvocato Alberto Tedeschi), che avrebbero avuto il compito di trasportare e custodire l’arsenale clandestino dall’Iraq all’Italia, e il maresciallo Alessandro Corbia, di Udine (avvocati Guido Jesu e Severino Lodolo).

Lungo l’elenco dei testi chiamati a dibattimento dall’accusa (una trentina) e dalla difesa (25), che ha citato anche l’ex ministro della Difesa e, all’epoca, capo di Stato maggiore della Difesa, Giampaolo Di Paola. Invitato a ricostruire le modalità del sequestro delle armi rinvenute alla Berghinz - dai kalashnikov alle pistole semiautomatiche e dai lanciarazzi alle mitragliatrici -, il capitano Pasquariello ha ricordato anche i numerosi reperti archeologici che erano stati trovati in alcune perquisizioni domiciliari e che l’accusa ritiene fossero stati recuperati in Iraq nel corso delle due missioni. Stando all’ipotesi accusatoria, Ruggiero, Venuti e Garlant avrebbero introdotto senza licenza in Italia, su motonavi battenti bandiera italiana impegnate nel trasporto di attrezzature e armamenti del personale delle missioni, armi non costituenti la normale dotazione delle Forze armate nazionali. E lo avrebbero fatto, senza dare luogo alle previste operazioni di distruzione. Ai soli Venuti e Garlant è contestata invece l’appropriazione dei reperti archeologici e la falsa attestazione dell’avvenuta distruzione con brillamento delle armi. (l.d.f.)

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