Tallio a Varmo, una famiglia decimata e un mese di mistero

Dai primi decessi dei Del Zotto si attende ancora la svolta nelle indagini
 

Un mese di domande senza risposta. Di ipotesi investigative che si sgretolano di fronte all’ineluttabile verità delle analisi chimiche. Sconcerta il bollettino: tre persone morte, altre tre ancora ricoverate in ospedale, alle prese con un avvelenamento inspiegabile, causato da una sostanza difficilissima da reperire e ormai quasi anacronistica. Esattamente un mese fa, all’ospedale di Desio morivano Patrizia Del Zotto e il padre Giovanni Battista, rispettivamente 62 e 94 anni.

Le vie del veleno, due ville e tre morti: in sei km due vicende con tante coincidenze
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Dieci giorni dopo morirà anche la moglie di Giobatta, Gioia Maria Pittana, 87 anni. Nel loro corpo tracce di tallio, il veleno fantasma, fatalmente inodore e insapore. A un mese dalle prime morti non è ancora chiaro come i Del Zotto siano entrati in contatto con la sostanza-killer. Originari del Friuli, avevano trascorso un periodo di vacanza, in agosto, nella casa di campagna di Santa Marizza di Varmo. Lì Patrizia, Giobatta e Gioia, assieme al marito della prima, Enrico Ronchi, alla sorella Laura e alla badante Serafina Pogliani, hanno condiviso momenti conviviali e consumato pasti assieme, al contrario di quanto avveniva normalmente nella residenza brianzola di Nova Milanese.

La Procura di Monza, che indaga sulla vicenda, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Gli inquirenti battono la pista dell’accidentalità, in attesa di risposte univoche dalle autopsie: il tallio è stato ingerito o inalato? E come? Non attraverso l’acqua del pozzo della casa di Varmo. E anche i filtri del condizionatore e del deumidificatore usati a Santa Marizza erano puliti, come confermato dalle analisi. Che hanno escluso anche l’iniziale pista investigativa, che puntava il dito contro gli escrementi dei piccioni, che pure contengono piccole tracce di tallio, di sicuro non in grado di essere letali però per l’uomo. Potrebbe essere colpa del topicida ritrovato a Varmo? Sullo sfondo, il ricorso storico: diciotto anni fa, a quattro chilometri di distanza dal cascinale dei Del Zotto, era morto lo statunitense Richard Nolan Gonsalves. Avvelenato, anche lui, da una dose di tallio inserita da qualcuno in una bottiglia di birra.

Il giallo di Varmo in sintesi

Dal 2 ottobre sono tanti i dettagli che hanno arricchito il quadro complesso della vicenda di Varmo. Abbiamo qui raccolto in sintesi i punti chiave

- Tre le vittime da avvelenamento da tallio: Patrizia Del Zotto (62 anni), Giovanni Battista Del Zotto (94 anni) e Gioia Maria Pittana (87 anni)

- La famiglia Del Zotto aveva trascorso le ferie a Santa Marizza di Varmo

- Ricoverati in ospedale a Desio (Monza) il marito di Patrizia, Enrico Ronchi, Laura Del Zotto e la badante Serafina Pogliani

- La Procura di Monza ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo

- Gli inquirenti seguono ogni pista: le analisi escludono la presenza di tallio dell'acqua e, dopo i primi dubbi, anche sul cibo ingerito e sull'aria condizionata

Tallio a Varmo, il veleno fantasma che ha distrutto una famiglia


I primi malori

Patrizia Del Zotto ed Enrico Ronchi arrivano a Varmo il 4 agosto. La casa di campagna è rimasta chiusa per due anni e i coniugi si sono adoperati per provvedere alla pulizia degli spazi, in attesa dell’arrivo della sorella di Patrizia, Laura, e dei genitori, giunti con un’ambulanza privata da Nova Milanese.

Enrico e Patrizia restano a Santa Marizza fino al 14 agosto, poi ripartono per Nova Milanese. Giobatta, Gioia, Laura e la badante restano invece per altri dieci giorni. In coda alla vacanza vengono raggiunti, per un paio di giorni, dal terzo dei fratelli Del Zotto, Domenico, che non è stato contaminato. A un mese di distanza, Patrizia e Laura si sentono male: vengono ricoverate all’ospedale di Desio e le analisi confermano subito l’intossicazione da tallio. Nel corpo di Patrizia, allergica ai metalli pesanti, i medici trovano una concentrazione elevatissima del veleno.

A un paio di giorni dal ricovero, vengono accolti nel nosocomio brianzolo anche gli altri familiari. Il 2 ottobre Patrizia e il papà Giobatta, già fiaccato da patologie che si portava dietro da tempo, spirano. Dieci giorni dopo anche Gioia muore nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale di Desio.



Le piste investigative


L’inchiesta non è ancora giunta all’atteso punto di svolta. Le piste battute in un mese sono state via via abbandonate, destituite dall’oggettività degli esami. Non sono state né le esalazioni causate dal guano dei piccioni, né i filtri del condizionatore e del deumidificatore, rimasti accesi a ciclo continuo nella torrida estate friulana, a diffondere nell’aria il tallio. E negativi sono risultati anche gli esami sull’acqua del pozzo, risultata non contaminata. E allora? Le indagini si sono focalizzate sui cibi ingeriti dai Del Zotto. Dapprima sulle patate, consumate in grande quantità durante le vacanze a Varmo e coltivate da un cugino di Patrizia.

Poi su una zuppa di farro, che la famiglia avrebbe mangiato sia in Friuli che in Brianza. Resta in piedi l’ipotesi del topicida: nella soffitta del cascinale di Varmo sono state trovate tre bustine di veleno anti-ratto. Fino al 1999 per confezionare alcuni prodotti di questo tipo veniva utilizzato il tallio, vietato da allora. È rimasta qualche bustina in soffitta, utilizzata a distanza di vent’anni? Saranno poi i risultati delle autopsie a poter dire qualcosa di più sull’assurda vicenda, costata la vita a tre persone.



Quel precedente inquietante

La Procura di Monza propende con fermezza per l’accidentalità. Nessuno, secondo gli inquirenti, ha inteso volontariamente avvelenare i Del Zotto. «Non risultano elementi utili a suffragare questa ipotesi – ha spiegato il capo della magistratura brianzola, Luisa Zanetti –. E del resto il tallio non è la prima sostanza che mi verrebbe in mente se decidessi di nuocere a qualcuno».

Gli investigatori escludono ogni legame con il precedente di Camino al Tagliamento: diciotto anni fa l’architetto statunitense Richard Nolan Gonsalves rimase ucciso dopo aver bevuto da una bottiglia di birra che conteneva una dose di tallio. Le indagini non riuscirono a fornire spiegazioni definitive: come c’era finito in quella bottiglia il tallio? Domande che si ripetono oggi, a distanza di quasi vent’anni, sull’asse Nova Milanese-Varmo. Come è stato possibile quasi sterminare una famiglia?

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