Alpini, cent’anni di valori e servizio: da Pordenone l’appello per un nuovo obbligo civile

Alla cerimonia regionale della riconoscenza, l’Ana rilancia il dibattito sul servizio alla patria: «Non per militarizzare, ma per educare al rispetto e all’identità». Oltre duemila penne nere in piazza

Enri Lisetto
Duemila penne nere hanno partecipato al centenario della sezione Ana di Pordenone
Duemila penne nere hanno partecipato al centenario della sezione Ana di Pordenone

«Chiediamo il ritorno di un servizio obbligatorio, non per rimpinguare le nostre fila, bensì perché vediamo cosa succede oggi in Italia. È necessario ricreare un senso di identità e di appartenenza e dovrebbero capirlo tutti».

Alpini a Pordenone, in duemila per i cent’anni della sezione

L’appello, scandito con forza, risuona tra gli applausi in piazza Ellero dei Mille. Lo lancia, riprendendo l’europarlamentare Alessandro Ciriani, il presidente nazionale dell’Ana Sebastiano Favero, al culmine della cerimonia per i cent’anni della sezione di Pordenone e per la Giornata regionale della riconoscenza per la solidarietà e il sacrificio degli alpini, che ha visto la presenza di delegazioni Ana da tutta la regione e non solo.

Pordenone per un giorno è tornata all’indimenticabile maggio 2014, quando ospitò l’adunata nazionale, tra strade imbandierate e tanta gente a bordo strada a rendere omaggio e ringraziamento alle sue penne nere. Duemila quelle che ieri mattina si sono radunate sia davanti al monumento per la cerimonia ufficiale sia in san Marco per la messa.

L’identità alpina, aveva appena detto Ciriani, «è patrimonio europeo. Gli alpini incarnano quei valori che dovrebbero guidare la Comunità europea. Si riapra il dibattito sul servizio alla patria, che non significa militarizzare i giovani, ma educarli al rispetto delle regole». Altra pioggia di applausi.

Cerimonia favorita da una bella giornata di sole, davanti al monumento, alla presenza di un picchetto del 3° reggimento artiglieria da montagna. A rendere gli onori ai Caduti, dopo l’alzabandiera eseguito sulle note della Banda alpina di Orzano, l’ex sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani, il presidente del consiglio regionale Mauro Bordin, l’assessore regionale Cristina Amirante, l’europarlamentare Alessandro Ciriani, il presidente nazionale dell’Ana Sebastiano Favero e della sezione Ana Ilario Merlin, il comandante della Brigata Julia generale di brigata Francesco Maiorello.

Giornata della riconoscenza, «una giornata d’Italia», ha esordito il sindaco Alessandro Basso. Era il 29 novembre 1924 quando Rino Polon, presidente del Gruppo Alpini di Pordenone, propose la costituzione della Sezione. Il 28 giugno 1925, invece, vi fu la benedizione del gagliardetto da parte di don Luigi Janes. «Ho voluto citare queste date perché non possiamo e non dobbiamo dimenticare quelle che sono le nostre origini e i nostri valori fondanti».

L’assistenza alle vedove e ai figli dei caduti, ha proseguito, «si è tramutata in sostegno alle popolazioni dei nostri territori; la memoria è divenuta fonte di insegnamento ai giovani dei valori di rispetto, democrazia e pace; l’aiuto ai fratelli in armi si è fatto assistenza a chi, oggi, si trova in difficoltà».

Le penne nere «sono state protagoniste della fase di soccorso post terremoto e della ricostruzione del Friuli. Incarnano i valori della nostra popolazione», ha richiamato Amirante, mentre Bordin, donando il sigillo del Consiglio regionale alla sezione, ha detto che non si tratta «solo un doveroso tributo alla storia e al sacrificio degli alpini, ma anche un’occasione per ricordare il legame indissolubile tra questo corpo e le nostre comunità». Dal terremoto in poi, «la solidarietà alpina è diventata simbolo di rinascita e di coesione sociale».

Infine il presidente nazionale Favero ha ringraziato «questa grande, bella sezione che non si è mai tirata indietro, da Rossosch in poi, ieri oggi e domani». Richiamando l’udienza da Papa Francesco (disse «gli alpini sono con e per gli altri»), ha aggiunto rivolgendosi a parlamento e governo: «Lo stiamo dimostrando con i campi scuola. I ragazzi, se stimolati, rispondono. Non vanno lasciati nelle piazze. E noi non abbiamo paura a farlo».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto