Tallio a Varmo, il veleno fantasma che ha distrutto una famiglia

Non si sa ancora cosa abbia ucciso Maria Gioia Pittana, Patrizia e Giovanni Battista, i tre componenti della famiglia Del Zotto morti dopo un breve periodo di vacanza a Santa Marizza, in Friuli. Tornati nel Milanese, dove vivono da anni, hanno cominciato ad accusare i primi malori. Poi il primo decesso, quello di Patrizia, seguito dalla morte dei suoi genitori. Altri tre sono ricoverati in ospedale. Vent'anni fa un avvelenamento simile in una villa poco distante. E mentre la Procura di Monza indaga per omicidio colposo a carico di ignoti, resta  sconosciuta la provenienza della sostanza killer

Hanno trascorso le vacanze nella loro casa di campagna a Santa Marizza di Varmo per incontrare, come ogni estate, gli amici e i familiari che vivono in Friuli. Ma al rientro a Desio, in provincia di Monza, la famiglia Del Zotto ha cominciato ad accusare dei malori. Prima Laura e Patrizia, le due sorelle, poi anche il papà Giovanni Battista e la mamma Gioia Maria fino alla badante e al marito di Patrizia.
 

Il 2 ottobre, a poche ore di distanza uno dall'altro, muoiono Patrizia e Giovanni. L'autopsia conferma: la donna, 62 anni, è morta per avvelenamento da tallio. E il decesso di suo padre, avvenuto in un quadro clinico già compromesso, è stato aggravato dalla presenza nell’organismo del micidiale veleno. Subito gli inquirenti decidono di mettere sotto sequestro la villetta di famiglia in Friuli per cercare la causa del decesso.

Prima i residui di metallo vengono ricollegati agli escrementi di piccione nella villetta in via Thanner a Santa Marizza, poi si passa alle analisi dell'acqua, ai cibi ingeriti dalla famiglia e all'aria condizionata.
 

Un caso complesso che, dopo dieci giorni, ha raccolto tante ipotesi (poi smentite) e pochissime certezze. Una vicenda che, come spiega il giallista Flavio Santi, ricorda un romanzo di Agatha Christie. In realtà il ricordo degli abitanti di Varmo non va a un racconto di fantasia ma al 1999 quando Richard Nolan Gonsalves, architetto americano di 33 anni, rimase vittima di un misterioso avvelenamento nella casa della suocera a Camino al Tagliamento. La distanza tra quella casa e Santa Marizza è di appena sei chilometri.

 


Dal 2 ottobre sono tanti i dettagli che hanno arricchito il quadro complesso della vicenda di Varmo. Abbiamo qui  raccolto in sintesi i punti chiave

- Tre le vittime da avvelenamento da tallio: Patrizia Del Zotto (62 anni), Giovanni Battista Del Zotto (94 anni) e Gioia Maria Pittana (87 anni)

- La famiglia Del Zotto aveva trascorso le ferie a Santa Marizza di Varmo

- Ricoverati in ospedale a Desio (Monza) il marito di Patrizia, Enrico Ronchi, Laura Del Zotto e la badante Serafina Pogliani

- La Procura di Monza ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo

- Gli inquirenti seguono ogni pista: le analisi escludono la presenza di tallio dell'acqua, ora i dubbi si concentrano sul cibo ingerito e sull'aria condizionata



 


La famiglia Del Zotto non vuole parlare: ancora è difficile credere a quanto è successo. Domenico, il figlio di Giovanni e Maria Gioia, fa la spola tra la casa di famiglia a Nova Milanese e l’ospedale di Desio. Un pellegrinaggio quotidiano, che relega a minuti sfuggenti tutti gli altri pensieri. Soprattutto, fa sfumare la domanda che tutti, da nove giorni, si pongono: cosa ha causato l’avvelenamento da tallio?


 

Domenico ha però una convinzione. Se l’avvelenamento è avvenuto durante la permanenza nella casa di campagna di Santa Marizza di Varmo, il periodo incriminato è circoscritto «tra il 6 e il 14 agosto. Soltanto in quei giorni Patrizia, Laura, i rispettivi mariti, mamma, papà e la badante erano presenti tutti assieme sotto lo stesso tetto. Il 14 – spiega ancora Del Zotto – Patrizia e suo marito sono ripartiti per Nova». Gli altri familiari si sono trattenuti invece fino a fine mese nella struttura rurale del Medio Friuli. «Io stesso – racconta Domenico – ho trascorso lì due giorni a fine agosto, tornando dalle ferie».


La prima ad accusare un malore è stata proprio Patrizia che, insieme alla sorella Laura, ha deciso di chiedere spiegazioni ai medici del pronto soccorso di Desio. I dottori si sono accorti subito che le condizioni della 62enne erano assai gravi e hanno contattato le forze dell'ordine. Gli investigatori in poche ore hanno sentito tutte le persone coinvolte e gli elementi che sono emersi hanno fatto finire Santa Marizza di Varmo sotto la lente. Sei dei nove componenti della famiglia, infatti, erano positivi al tallio, proprio i sei che erano stati nel paesino della Bassa friulana fino alla terza settimana di agosto compresa. Mentre gli altri tre rimasti nella zona di Monza no. Ecco perché i successivi accertamenti si sono concentrati in questa località.

 

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Le condizioni di Patrizia erano troppo precarie: alle luci dell'alba di lunedì 2 ottobre è morta. Solo poche ore dopo suo padre, Giovanni Battista è spirato. La notizia ha creato sconcerto a Varmo dove i Del Zotto erano conosciuti da sempre, anche se da molti anni risiedevano in Lombardia.


Giovanni Battista combattè in Russia, nel ’43 venne catturato e rimase in un campo di lavoro per quattro anni. Dopo la guerra si trasferì a Nova Milanese per raggiungere la sorella e in seguito grazie a un compagno di prigionia trovò lavoro in un’azienda attiva nel settore dei lavori pubblici. Patrizia, invece, ha lavorato a lungo in un’azienda di tessuti di Seregno.


Nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13, invece, è venuta a mancare Gioia Maria Pittana, 87 anni, madre di Patrizia e moglie di Giovanni Battista. Gioia Maria (così come suo marito) soffriva già di alcune patologie legate all’età, ma l’intossicazione da tallio ne ha compromesso irrimediabilmente lo stato di salute. I medici dell’ospedale di Desio, che per giorni e giorni l’hanno curata in ogni modo possibile, avevano sempre definito la sua situazione "critica".

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Le indagini

Su quanto è successo a Varmo sta indagando la Procura di Monza. Dopo gli accertamenti dell’autopsia il capo della magistratura brianzola, Luisa Zanetti, ha deciso di aprire un fascicolo per omicidio colposo e lesioni per il decesso dei Del Zotto. Al momento nessuno figura iscritto nel registro degli indagati. Dagli escrementi di piccione fino all’aria condizionata: gli inquirenti hanno deciso di non tralasciare nessuna pista. Al momento, però, ogni elemento non si è rilevato fondamentale per la risoluzione del caso.



L’attività investigativa, coordinata dal pm Vincenzo Nicolini, si dipana lungo due binari. Il primo in Lombardia dove i carabinieri di Desio, guidati dal capitano Mansueto Cosentino, hanno provveduto a campionare resti di cibo e alimenti. Il secondo binario, invece, ci riporta in regione, nella villetta di Santa Marizza. Qui operano i carabinieri di Latisana ai comandi del maggiore Filippo Sautto e della stazione di Rivignano. In un primo momento i militari friulani avevano ricollegato l’avvelenamento dei Del Zotto al ritrovamento di diverse esche topicide trovate in casa a Varmo. Solitamente, infatti, in questi repellenti ci sono tracce di tallio, presenti anche negli escrementi dei piccioni. Tuttavia questa ipotesi, la prima ad essere trapelata dalle notizie di cronaca, si è rivelata infondata con l’arrivo dei primi accertamenti.



Le ricerche si sono spinte allora verso l’analisi dell’acqua: anche in questo caso i campioni prelevati dai carabinieri della stazione di Rivignano, della compagnia di Latisana, e dai tecnici e veterinari dell'Azienda sanitaria 3 nell'abitazione su delega della Procura di Monza sono risultati negativi alla presenza di agenti inquinanti. Sono finti, allora, nel mirino delle piste investigative alcuni alimenti ingeriti dai Del Zotto, probabilmente un purè consumato a Nova Milanese dove la famiglia abita. Al contempo i carabinieri hanno deciso di analizzare anche i filtri del condizionatore d’aria e del deumidificatore che si trovano nella villetta in via Thanner. Secondo quanto riferiscono alcuni parenti, infatti, pare che gli impianti di raffreddamento dell’aria fossero stati accesi continuamente in agosto. L’ipotesi relativa a un’eventuale diffusione di tallio nell’aria non è ritenuta una delle più probabili dagli investigatori.

 

Di una cosa sono certi gli inquirenti: i componenti della famiglia Del Zotto sono stati avvelenati dal tallio. Ma che cos'è e perché è tanto pericoloso per la salute umana?





Il tallio, dal greco thallos che significa germoglio verde o ramoscello, è un metallo grigio e malleabile (può essere tagliato con un coltello). Utilizzato soprattutto nell'industria elettronica, viene impiegato anche nella produzione di vetro e in alcuni ambiti farmaceutici. In molti Paesi sono vietate le grandi dosi del metallo (negli Stati Uniti nel 1972, successivamente anche in Europa). In passato è stato utilizzato come arsenico per gli omicidi.

I primi sintomi sono simili all’influenza


Il contatto con la pelle è assai pericoloso. I primi sintomi sono simili a quelli della febbre e con il passare del tempo le condizioni del paziente tendono a peggiorare fino al coma e alla morte. L'avvelenamento può avvenire tramite ingestione o inalazione.
 


Poco meno di sei chilometri. È la distanza che separa Santa Marizza di Varmo da Camino al Tagliamento. In auto ci si mette una dozzina di minuti.


Può essere solo una coincidenza che in due paesi così vicini si siano verificati a distanza di 18 anni due fatti tragici e nello stesso tempo singolari. Molti a Varmo e in zona ricollegano la morte dei Del Zotto a quella altrettanto drammatica di Richard Nolan Gonsalves, il 33enne architetto americano che nel 1999 rimase vittima di un misterioso avvelenamento nella casa della suocera a Camino al Tagliamento: qualcuno versò in una bottiglia di birra una quantità ingente di solfato di tallio, potente topicida. Gonsalves, dopo aver bevuto parte del contenuto della bottiglia, iniziò un calvario che nel giro di due giorni lo portò alla morte all’ospedale di Udine, il 18 luglio 1999.
 

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Quell’omicidio rimase senza colpevoli, nonostante l’impegno della Procura di Udine, dei carabinieri e persino dell’Fbi. Ancora oggi Giancarlo Buonocore, il magistrato che condusse quell’inchiesta, si dispiace di aver dovuto chiedere l’archiviazione del caso dopo aver a lungo scandagliato tutte le possibili piste. E proprio Buonocore – che nel frattempo ha lasciato la Procura di Udine per rivestire un alto incarico alla Corte d’Appello di Venezia – ha fatto un “salto sulla sedia”.


Rispondendo a una e-mail inviatagli dal Messaggero Veneto, il professor Robert Gonsalves, papà di Richard – direttamente da Boston, negli Stati Uniti – si mette oggi a disposizione degli inquirenti lombardi e friulani. "Sono molto interessato agli sviluppi di questa vicenda e sono pronto a dare il mio contributo alle autorità italiane per cercare di risolvere questo mistero".
 

Il giallista Santi: «È come un romanzo di Agatha Christie»
Udine 6 Ottobre 2017. Giallista alla Tarantola . © Foto Petrussi


Le autorità non hanno ancora legato ufficialmente le due vicende. Difficile dire a distanza di così poche ore dalla morte di padre e figlia se un killer possa essere rimasto “in sonno” per 18 anni, tornando poi clamorosamente in azione. La ricerca del movente potrebbe comunque costituire un elemento decisivo. Ma leggendo le notizie sulla famiglia Del Zotto, il professore non ha potuto fare a meno di notare le macroscopiche coincidenze: "Vedo anche alcune differenze tra le morti della famiglia e quella di mio figlio – prosegue – . Richard sembra essere stato vittima di un attacco mirato, mentre in questi eventi più recenti un’intera famiglia sembra essere stata un possibile obiettivo. Per quanto riguarda la vicenda di Richard, c’erano due birre con il tallio nel frigorifero della suocera. Una aveva una dose letale e uccise mio figlio"


 

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