Il giallista Santi: «È come un romanzo di Agatha Christie»

«Il veleno, che è una sostanza insapore e inodore, ma anche l’ambito familiare, i curiosi precedenti negli anni Novanta: insomma, ci sono tutti gli elementi per pensare a una storia diversa. E se fosse un giallo, l’assassino sarebbe una persona insospettabile, rimasta finora al di fuori delle attenzioni».
Parola di Flavio Santi, giallista che si divide tra il Friuli (è originario di Colloredo e qui ambienta i suoi romanzi) e la Lombardia, dove invece vive (abita nel Pavese ma insegna all’Università di Como, «e mi capita spesso di passare per Desio»).
Proprio ieri lo scrittore era a Udine, alla libreria Tarantola, dove ha presentato il suo secondo romanzo, “L’estate non perdona” (pubblicato da Mondadori).
«Curiosamente – racconta – stavo cercando materiale per la mia prossima indagine e mi sono imbattuto in questa vicenda, molto curiosa. A partire dalla sostanza che ha ucciso, il tallio, un veleno estremamente nocivo». Non a caso, infatti, ricorda Santi, è già stato “utilizzato” da un’illustre scrittrice, Agatha Christie, in un romanzo degli anni Sessanta (“Un cavallo per la strega”). Nelle pagine della maestra della suspence veniva utilizzato come arma del delitto da un farmacista.
Ma, passando dalla carta alla realtà, ci sono anche noti casi di cronaca criminale come gli avvelenamenti ad opera dell’austriaca Martha Marek. E c’è chi sostiene che il tallio sia stato utilizzato anche dalla Cia per pianificare (ma la cosa non è stata poi portata a termine) un intervento per avvelenare Fidel Castro...
«Dopo l’arsenico – racconta Santi – questa sostanza è il veleno più impiegato nel giallo».
Ma tornando alla vicenda dei morti di Varmo, lo scrittore friulano-lombardo mette in evidenza tutti gli elementi classici del noir: «In questa storia ci sono il veleno, l’ambito domestico (da classico “delitto da porta chiusa”), le tipiche ambientazioni di provincia ma anche alcuni curiosi precedenti, gli episodi di avvelenamento negli anni Novanta...».
E se fosse un giallo? «L’assassino sarebbe una persona insospettabile, rimasta finora ai margini dell’inchiesta, come il farmacista nel romanzo di Agatha Christie. E se a muoversi fosse il mio investigatore, il commissario Drago Furlan, lui scarpinerebbe nei due paesi, bazzicherebbe nelle osterie, ascolterebbe gli anziani del paese...».
Altro che analisi di dati. «Io sono della vecchia scuola, bisogna andare a parlare con la gente, come faceva il commissario Maigret di Simenon».
Secondo Flavio Santi, in questa storia che assomiglia molto a un giallo, «apparentemente manca un movente, senza il quale si brancola nel buio. Vecchi rancori? Forse. Oppure si apre la porta all’ipotesi del serial killer dormiente, che nel 1999 colpisce, poi esce di scena fino a quando gli scatta qualcosa in testa e torna a colpire... Chissà».
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