Ripartono i lavori allo studiolo del Pordenone: dopo 36 anni si riaccende la speranza
Cantiere verso la conclusione entro fine anno: Fondazione Crup ottimista, il Comune punta a rendere visitabile lo spazio in vista di Pordenone Capitale della Cultura 2027

Una storia lunga 36 anni – tanti sono quelli trascorsi dalla scoperta dello studiolo del Pordenone – fatta di progetti, cantieri interrotti, problemi tra proprietari. Ma ora la diritta via sembra imboccata: i lavori, la cui pratica edilizia risale al 2016, sono ripresi per quanto riguarda le parti in comune e il piano mansardato di proprietà della Fondazione Crup, mentre il privato deciderà per conto suo.
Al piano terra è stato realizzato un ascensore che permetterà di accedere separatamente al primo e al secondo piano. C’è poi il terzo proprietario, i fratelli Calzolari, il cui nome è legato alla storica gelateria Zampolli che si trova accanto alla palazzina dove Giovanni Antonio de’ Sacchis (1483-1539) potè esercitare la sua arte.
La famiglia possiede infatti un ampio locale al piano terra, al confine con la calle degli Andadori, con ingresso indipendente e due finestre che si affacciano su via San Marco. L’ipotesi iniziale era quella di rendere accessibile al pubblico lo studiolo e farlo diventare uno dei punti di attrazione della città. Ma nulla è ancora certo.
I lavori sono ricominciati da qualche settimana e l’impresa esecutrice conta di chiudere il cantiere entro fine anno. Una speranza che è condivisa dall’amministrazione comunale in quanto al termine della ristrutturazione potrà prendere vita un altro progetto lungo decenni che riguarda calle degli Andadori, una delle poche testimonianze di quella che era l’antica cinta muraria della città, nell’ambito del copioso volume che racchiude i tanti disegni legati a Pordenone capitale della cultura 2027. La calle è di proprietà comunale, risultato raggiunto dopo una battaglia legale finita due anni fa con la decisione della Cassazione.
La palazzina è stata edificata in varie epoche che vanno dal XIV al XVII secolo e al suo interno si trova lo studiolo, una sala con affreschi che alcuni studiosi hanno attribuito proprio al Pordenone (paesaggi e figure mitologiche).
Sino al 1989 era uno dei tanti edifici che raccontano la storia di Portus Naonis e che da via San Marco si allungano lungo corso Vittorio Emanuele. Poi nel 1989 il restauratore Giancarlo Magri scoprì cosa si celava in una sala di quella palazzina, diventata così importante testimonianza della vita e delle opere di Giovanni Antonio de’ Sacchis. Una scoperta che attirò l’attenzione di molti studiosi, ma anche dei pordenonesi che, ogni qual volta vedono persone al lavoro in via San Marco, cercano di dare una sbirciata dentro la palazzina e di avere informazioni dagli operai.
«Ho potuto parlare con un rappresentante della Fondazione Crup – ha spiegato l’assessore Lidia Diomede – e mi ha assicurato che i lavori andranno avanti. Quando il cantiere sarà chiuso, ci sarà un incontro tra l’amministrazione comunale e la Fondazione». Riuscire ad aprire lo studiolo del Pordenone per i visitatori che arriveranno nella Capitale della cultura sarebbe un bel traguardo e un altro bel biglietto da visita per la città.
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