Studente mette le mani al collo della dirigente

PORDENONE. Un urlo a scuola e un ragazzo che corre fuori dalla presidenza. Non è un film: è capitato in un istituto superiore di Pordenone. Quello studente ha messo le mani al collo della dirigente prima di scappare dall’ufficio. «E’ stata denunciata l’aggressione subita e sono arrivate le forze dell’ordine a scuola». Lo hanno raccontato un paio di insegnanti a microfoni spenti. Al telefono la dirigente scolastica non risponde. Ma parlano gli altri: quelli che vogliono spezzare il silenzio che cala pesante in una scuola ritenuta “difficile”. Una scuola in cui si convocano consigli di classe straordinari due o tre volte al mese e nella quale fioccano le sospensioni.
E’ un istituto “di frontiera”, come dicevano negli anni Ottanta i docenti che si sentivano la vocazione addosso. Dopo 30 anni ci sono superiori a Pordenone che hanno un grado di rischio piuttosto alto. I dirigenti, e con loro i docenti, fanno quello che possono. In un’altra scuola della città fanno i miracoli: il potenziale di rischio c’è, ma vale la pedagogia di don Milani, quella del recupero.
«Lascio la porta sempre aperta ai ragazzi – spiega il dirigente che supera la soglia della burocrazia per raddrizzare le facce storte dei suoi ragazzi –. Mi cercano, parliamo insieme e le cose si risolvono». Ha trasferito la presidenza dal primo piano all’ala delle aule e dei laboratori. «Voglio stare vicino ai professori – prosegue – e agli studenti. Abbiamo casi di famiglie in difficoltà economica: cerchiamo di capire e di rispondere ai nuovi bisogni educativi».
Il clima di tensione tra i banchi e la rabbia per una situazione difficile si sciolgono. La linea di “sorvegliare e punire” sembra fare cilecca. Pugno di ferro e guanto di velluto: il mix potrebbe essere quello giusto.
Nella scuola dell’aggressione, un anno fa, la cronaca aveva registrato tre sospensioni in quindici giorni di lezione. Commutate, poi, in lavori a favore della Caritas. La media del disagio ha fatto impennare le infrazioni pesanti al regolamento di istituto di un 20 per cento medio. «E’ come a Scampia». Un professore riesce a scherzare e sdrammatizza il fronte del disagio. «La disciplina in aula – racconta – è un’utopia. Tanti studenti non riconoscono le regole disciplinari e della semplice buona educazione. Bestemmiano in classe, sono strafottenti, oppure si rivolgono in modo maleducato ai docenti».
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