Sposa la badante poi la denuncia: la donna colpiva l'anziano con la scopa, condannata a 20 mesi

Avevano deciso di sposarsi per ragioni di convenienza reciproca: lei avrebbe continuato ad aiutarlo con le pulizie di casa e nell’assistenza personale, e lui, in questo modo, avrebbe risparmiato i soldi che, fino a quel momento, le aveva versato come badante. A prescindere dalla differenza d’età e dalla distanza culturale, quindi. Una volta uniti in matrimonio, però, il loro rapporto era diventato conflittuale. E lui, un friulano di 76 anni invalido al cento per cento, aveva finito per denunciarla.
La donna, una 49enne di origini marocchine e residente a Udine, è stata condanna a 1 anno e 8 mesi di reclusione per maltrattamenti in famiglia. La sentenza è stata emessa dal gup del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro, al termine del processo celebrato su richiesta della difesa con rito abbreviato. Il pm Letizia Puppa, titolare del fascicolo, aveva chiesto che all’imputata fossero inflitti 3 anni. Nel determinare la pena, il giudice ha ritenuto di concedere alla donna le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza con le aggravanti, ossia con la recidiva reiterata e infraquinquennale (una serie di precedenti, in particolare per episodi di furto) e il fatto di avere commesso il fatto, approfittando dell’età avanzata e delle condizioni di salute del marito, che tuttavia ha scelto di non costituirsi parte civile.
Insulti, botte e vessazioni continue: questo aveva raccontato l’anziano ai carabinieri della stazione di Udine est nella denuncia sporta lo scorso autunno, sette mesi dopo essersi giurati «assistenza morale e materiale» in Comune. Disattendendo agli obblighi coniugali, la moglie aveva smesso di aiutarlo, astenendosi anche dal preparare da mangiare e fare la spesa, e adottando invece un atteggiamento violento, fatto di minacce e percosse. «Mi ha colpito con il manico della scopa – aveva riferito, dopo l’ennesima lite – e mi urla che sono un “vecchio puzzolente”». Nel ricostruire la vicenda, il pm le aveva contestato anche le frequenti minacce di tagliargli la gola, la volta in cui si era scagliata contro il suo deambulatore e i non pochi casi di sottrazione di denaro. Nel respingere le accuse e chiedere l’assoluzione della propria assistita sul presupposto dell’«assenza dell’elemento essenziale dell’abitualità, ai fini della configurabilità dell’ipotesi dei maltrattamenti», l’avvocato Roberto Michelutti aveva ricordato in particolare come il “patto” matrimoniale, per stessa ammissione del marito, avesse espressamente previsto che ognuno avrebbe vissuto con i propri soldi. Per non dire del fatto che era stato proprio per colpa dell’anziano se la donna aveva violato la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento cui era stata sottoposta all’inizio di gennaio. «L’aveva chiamata dall’ospedale, chiedendole di tornare a casa, per prendergli alcuni abiti e il deambulatore, e questo le era costato l’aggravamento della misura nella custodia cautelare in carcere», ha precisato l’avvocato Michelutti. Che, lette le motivazioni, proporrà sicuramente appello. —
L.D.F.
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