Si paga sempre di più per Imu e Tasi: una stangata di 306 euro a testa

Lo scorso anno i friulani proprietari di case, terreni fabbricabili e agricoli hanno versato solo di Imu e Tasi 306 euro a testa. In regione il gettito complessivo ammonta a 372 milioni di euro: 356 di Imu e 16 di Tasi. Un importo che dal 2011 è aumentato del 96 per cento.
L’Imu l’imposta municipale unica che ha sostituito la più datata Ici, va sommata al tributo per i servizi indivisibili, entrambi si applicano sui valori delle abitazioni di lusso, le seconde case, gli altri fabbricati, le aree edificabili e i terreni agricoli.
Nella classifica stilata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che valuta il gettito complessivo che, a livello nazionale, ammonta a 21.036.000, il Friuli Venezia Giulia si colloca al dodicesimo posto con 306 euro pro capite. Agli abitanti della Valle d’Aosta è andata peggio, pagano 712 euro a testa. I liguri 583 e i trentini 499.
I valori
«Se con l’abolizione della Tasi sulla prima casa i proprietari hanno risparmiato 3,5 miliardi di euro all’anno, sugli immobili strumentali il passaggio dall’Ici all’Imu ha visto raddoppiare il prelievo fiscale. Tra il 2011, ultimo anno in cui è stata applicata l’Ici, e il 2018 il gettito è passato da 4,9 a 10,2 miliardi di euro. A livello territoriale il maggiore prelievo Imu-Tasi è quello della Valle d’Aosta. Qui, lo scorso anno, il gettito pro-capite è stato pari a 712 euro, contro una media nazionale di 348 euro. Particolarmente sostenuto anche il gettito pro capite presente in Liguria (583 euro), in Trentino Alto Adige (499 euro) e in Emilia Romagna (436 euro), seguite da Lazio (431 euro), Toscana (409 euro), Lombardia (398 euro) e Piemonte (381 euro). Anche il veneti, con i loro 356 euro pro capite, risultano più tartassati dei friulani. Rispetto al 2011, ultimo anno in cui è stata applicata l’Ici, la variazione di gettito, in termini assoluti, raggiunge il 114 per cento. Se otto anni fa, tra Imu e Tasi, i Comuni hanno incassato 9,8 miliardi, l’anno scorso nelle casse sono entrati 21 miliardi. Inevitabili le ripercussioni anche sulle aziende.
E ancora: «Sebbene sia stata presa qualche misura a favore delle imprese, il quadro generale rimane sconfortante. Mi preme sottolineare – conclude Zabeo – che il capannone non viene ostentato dal titolare dell’azienda come un elemento di ricchezza, ma come un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto e per creare posti di lavoro, dove la superficie e la cubatura sono funzionali all’attività produttiva esercitata. Accanirsi fiscalmente su questi immobili continua a non avere senso, se non quello di fare cassa, frenando però l’economia reale del Paese».
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