Recuperato ad Aquileia un mosaico del IV secolo

Un frammento di mosaico che rappresenta un coloratissimo pavone, databile tra la fine del IV e la seconda metà del V secolo dC, già scoperto nel 1893 ad opera degli archeologi austriaci, è stato definitivamente riportato alla luce ad Aquileia.
AQUILEIA.
Un frammento musivo rappresentante un coloratissimo pavone, databile tra la fine del IV e la seconda metà del V secolo dC, già scoperto nel 1893 ad opera degli archeologi austriaci, è stato definitivamente riportato alla luce ad Aquileia. Lo ha reso noto la Fondazione aquileiese precisando che il mosaico è venuto alla luce nel corso dei lavori di riqualificazione dell'area adiacente il complesso basilicale, per consentire di procedere al suo restauro e alla sua valorizzazione.


Il manufatto, pertinente a uno degli ambienti paleocristiani antistanti la basilica, rende in maniera magnifica il corpo del volatile e il suo piumaggio variopinto con un sapiente gioco policromo, ottenuto con tessere di piccole dimensioni di diversi tipi di pietra, di cotto e di pasta di vetro blu e turchese. Da alcuni indizi, è detto in una nota, sembra che alcune delle tessere che compongono uno degli occhi della coda fossero addirittura rivestite di foglia d'oro. Accanto ad esso, compaiono altri motivi, quali tralci con grappoli d'uva.


Il lacerto musivo su cui è stata rinvenuta questa raffigurazione è l'unico sopravvissuto del pavimento di una sala rettangolare con estremità absidata, che si sviluppava in corrispondenza della facciata attuale della basilica, davanti a una delle due aule di culto costruite a partire dalla metà del IV secolo sopra le strutture del primo complesso teodoriano.


Il pavone, nell'iconografia cristiana, è simbolo di resurrezione e questo spiega la sua presenza in un ambiente destinato al culto: le sue piume, infatti, cadono in autunno e rispuntano a nuova vita in primavera. Secondo una credenza antica, inoltre, le carni del pavone non erano soggette a decomposizione.


Il mosaico, già ridotto a un esiguo frammento a causa della sovrapposizione di numerose tombe, realizzate in età medievale quando l'intera area era divenuta un luogo di sepoltura, ha sofferto di ulteriori danni in tempi recenti. Nel 1915, nel corso della realizzazione di una canalizzazione per il drenaggio delle acque intorno alla basilica, un'ampia porzione del frammento superstite è stata asportata, fortunatamente senza intaccarne la figura.


Allo scopo di preservare l'integrità dell'importante lacerto musivo, situato a una profondità di soli 30 centimetri dal suolo in uno dei punti di accesso alla basilica, e dunque in una situazione di forte rischio, la Fondazione Aquileia in accordo con la  Curia Arcivescovile di Gorizia e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, ha predisposto il suo distacco. L'operazione si è conclusa brillantemente e il frammento musivo è stato trasferito a Ravenna per il restauro.

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