Pordenone, la lezione di Lino Zanussi: viaggio nella storia dell'azienda

Presentato il libro di Franzin sullo scalo ferroviario che negli anni ’60 fece crescere Porcia. Ragogna: «La città resta in debito»

PORDENONE. Pordenone è una città che fatica a trovare la sua identità. Un concetto che si lega a doppio filo con la storia e il ricordo della Zanussi, per il territorio molto più di un’azienda.

Da questo concetto è partito l’intervento del vicedirettore del Messaggero Veneto, Giuseppe Ragogna, che ha presentato a Cordenons il libro di Massimo Franzin “Zanussi - sui binari del centenario”. Un viaggio nella storia dell’azienda, con l’epicentro dello scalo ferroviario, che negli anni 60 ha connesso Porcia al resto del mondo.

Come ha spiegato Ragogna, la crescita della Zanussi ha reso Pordenone prima città e poi provincia. Lo stabilimento ha avuto un ruolo fondamentale, il capitano d’industria Lino Zanussi era un innovatore forse troppo moderno per la sua epoca. C’erano il legame con la terra natia e la voglia di restituire qualcosa alla gente, concetto che ancora oggi sfugge a qualche imprenditore.

Per Lino, che si attorniava solo delle persone migliori in ogni campo, la cultura era fondamentale per crescere. E anche per questo dava borse di studio ai dipendenti e ai loro figli. Ma la Zanussi era anche immagine e comunicazione ed è così, ha spiegato Ragogna «che il nostro territorio è stato conosciuto in giro per il mondo».

Uno dei pilastri, a Porcia, era l’innovazione. Quella vera, dimostrata dalle idee prima e dai fatti in seguito. Nel 1968, durante la sua ultima relazione all’Università popolare di Udine, un mese prima di morire, Zanussi la spiegò come volontà di futuro, di cercare i problemi per risolverli. Senza dimenticare gli investimenti sulle persone: per l’imprenditore il capitale umano era la maggior risorsa di cui possero disporre le imprese.

«Pordenone non ha dedicato niente a Lino Zanussi» ha concluso Ragogna, e rimane quindi ancora un debito con chi ha fatto maturare la città, lasciando un’azienda con 13 mila dipendenti. Qualche anno prima della prematura scomparsa in un incidente aereo, era iniziata l’espansione logistica dello stabilimento.

Il raccordo ferroviario è arrivato nel 1964 ed è stato fondamentale per lo sviluppo dell’azienda. Da questa creazione è nato il libro di Massimo Franzin, che inizialmente doveva essere un articolo per la rivista specializzata “I Treni”.

«Un’avventura - ha raccontato l’autore - nata per ricordare Lino Zanussi e sottolineare ancora di più l’importanza dell’azienda nel territorio natale». Franzin si è detto appassionato di ferrovie, che «sono arte, poesia. Lo si riscontra in tante sfaccettature, perché la ferrovia è stata celebrata in ogni forma».

Primo dello scalo della Zanussi, l’unico raccordo esistente in zona era la Ferrovia della Comina, la cui costruzione iniziò nel 1916. Anche dopo la Prima guerra mondiale i tre chilometri di strada ferrata che collegavano Pordenone all’aerocampo rimasero importanti e attivi fino all’inizio degli anni 50.

Lo stesso periodo in cui l’azienda stava facendo un balzo in avanti e tutti dovevano dare il massimo. Tanto che, come ha raccontato Franzin, non si poteva neanche fischiare, nello stabilimento. Bisognava lavorare per superare tutti i concorrenti.

Lino, però, sapeva che il territorio non era pronto a supportare una realtà industriale di quel tipo, così aveva deciso di produrre verticalmente: si faceva tutto nello stabilimento di Porcia: doveva entrare la lastra di lamiera e uscire un prodotto finito. Nel 1964 la Zanussi aveva una rete di 13 mila rivenditori e un fatturato di 100 miliardi. Era un’azienda seconda solo alla Fiat.

C’era quindi la necessità di velocizzare l’entrata delle materie prime e l’uscita dei prodotti. Un risultato ottenuto dopo una difficile la trattativa con le Ferrovie dello Stato, che consentì di aprire lo scalo Sud. Negli anni 60 si movimentevano 60 vagoni al giorno (oggi 20 a settimana). Bisognava, però, attraversare la Pontebbana per lo scarico. Di qui, nel 1969, l’avvio del progetto dello scalo nord.

Con un binario in trincea si è superato il problema della strada statale e Porcia è divenuta così sempre più leader nel mercato, portando velocemente gli elettrodomestici dalla provincia ai principali mercati europei.

Lino Zanussi, come ha sottolineato Giuseppe Nogarino, non ha visto il risultato di questa grande intuizione. Ne hanno beneficiato i suoi successori. Che non sono, però, più riusciti a portare l’azienda ai livelli a cui si era spinta quando era trainata da un capitano che ha fatto la storia industriale d’Italia.

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