Parla Beppino Englaro: Brittany? Non è Eluana, noi fummo lasciati soli

«Lei e mia figlia erano simili, lottavano per la libertà». Appello al Parlamento: è necessario fare subito una legge
Italian Beppino Englaro, father of Eluana Englaro who died in February 2009 after being in a vegetative state for 17 years, presents the book 'Eluana, la libertad y la vida' ('Eluana. Freedom and Life'), in Madrid, Spain, 05 June 2009. ANSA/J.J. GUILLEN
Italian Beppino Englaro, father of Eluana Englaro who died in February 2009 after being in a vegetative state for 17 years, presents the book 'Eluana, la libertad y la vida' ('Eluana. Freedom and Life'), in Madrid, Spain, 05 June 2009. ANSA/J.J. GUILLEN

UDINE. Due storie diverse. Brittany Maynard, 29 anni, ha potuto determinare i tempi e i modi per morire, dopo aver scoperto di avere un tumore al cervello, incurabile e progressivo, che l’avrebbe consumata. Per lei quella è stata dignità. Eluana Englaro ha avuto voce attraverso il padre Beppino, perché per Eluana la vita non era lo stato vegetativo.

Era un purosangue della libertà. Ecco il filo rosso. Beppino Englaro lo intravede. «Entrambe erano libere, forti e determinate». Ma c’è anche un’enorme differenza. «In Italia ho trovato il deserto mentre Brittany Maynard ha potuto scegliere e avere vicino il calore della sua famiglia. Però oggi in Italia – dice Englaro – l’autodeterminazione terapeutica di una persona non può incontrare limiti, anche se ne consegue la morte. Questo ci insegna la storia di Eluana».

Beppino Englaro cosa ha provato seguendo la storia di Brittany?

«Profondo rispetto. Maynard aveva le idee chiare, ha scelto il suicidio assistito, spostandosi dalla California all’Oregon perché là avrebbe potuto attuare la sua decisione, nella legalità e con la sua famiglia. Più di così non avrebbe potuto fare. Ha dimostrato il primato della coscienza personale, di cui bisogna avere assoluto rispetto. Mi stupisco che qualcuno la giudichi. E poi ha potuto farlo avendo accanto i suoi cari, una differenza di grande importanza perché ad esempio in Svizzera – Paese in cui l’eutanasia è legale –, non c’è calore, non c’è niente, devi essere da solo».

Quali analogie vede tra le due storie?

«Entrambe erano libere, forti e determinate. Eluana, nella lettera che ci scrisse poche settimane prima dell’incidente, diceva: “Noi tre assieme formiamo un nucleo molto forte basato sul rispetto e l’aiuto reciproco”. Anche il nucleo di Brittany era così».

E le differenze?

«In Italia ho trovato il deserto, perché i medici mi ripetevano: “Non posso non curarla, fino alla morte cerebrale”. Non era vero. E ho dovuto lottare 5.750 giorni per vedere riconosciuta una cosa che per noi era ovvia, la volontà di Eluana. Noi eravamo preparati. Il Paese no. Eluana non avrebbe mai accettato la condizione nella quale è rimasta per 17 anni. Per noi era automatico darle voce. Noi abbiamo dovuto attraversare una tragedia nella tragedia, prima perdere una figlia e poi combattere per lasciare che la morte accadesse. Per Brittany e i suoi familiari non è stato così. Lei ha fatto una scelta e la sua famiglia ha capito e ha potuto accompagnarla».

Il Vaticano ha condannato il gesto di Maynard. «La dignità è un’altra cosa che mettere fine alla propria vita» ha detto Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Cosa ne pensa?

«Penso che la decisione di Brittany vada rispettata con il silenzio. Ciò che vale è il primato della coscienza personale, non altrui, e nessuno in un caso del genere può insegnare a un altro cos’è la dignità. Eluana aveva le idee chiare non contro qualcuno, ma per sé».

Dopo il dibattito e le polemiche sul caso di sua figlia il Parlamento non ha ancora approvato una legge sul testamento biologico. Lotta ancora perché ci sia?

«Io sono in pace. Ho agito per mia figlia, nella legalità e in modo limpido. È ovvio che una legge è sempre necessaria, ma la storia di Eluana ci lascia una consapevolezza: oggi nessuno può dire di non sapere e se qualcuno ha le idee di Eluana sa di poter agire, sostenuto dalla legge. Chiunque è sempre libero di decidere e nessuno ha diritti sulla libertà altrui. Oggi è possibile manifestare le proprie disposizioni anticipate di trattamento senza che un medico decida per te. Questa l’evoluzione culturale che la vicenda di Eluana ha portato in Italia. Questo il regalo di Eluana».

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