Palmanova, il rebus delle mura divise tra Comune e demanio militare

Sos Palmanova. In caso di crolli la burocrazia ostacola le operazioni di restauro Il sindaco: «Meccanismi lunghissimi, una situazione assurda»

PALMANOVA. Poco meno di un terzo della cinta fortificata di Palmanova è terreno demaniale in uso al Ministero della Difesa. Il turista in visita alle fortificazioni o il visitatore che passeggia sui bastioni non si accorge dei passaggi di competenze, nel senso che non vi sono, in genere, delimitazioni di sorta.

Eppure le mura della città stellata ricadono sotto l’autorità di tre (per semplificare) diversi soggetti. Il tratto da porta Cividale a porta Udine (escluse porta Udine e la costruzione napoleonica, detta “lunetta”, ad essa più vicina) è interamente in uso al Museo Militare.

Proprio in quest’area si trova il manufatto della controporta dal quale si sono staccati alcuni mattoni e alcune pietre, come abbiamo segnalato ieri.

Porta Aquileia e baluardo Foscarini (dove sorge la scuola dell’infanzia Regina Margherita) sono di proprietà del Comune. Il resto è sempre di proprietà del demanio, ma è stato dato in concessione provvisoria al Comune.

Il nuovo crollo? Un sopralluogo solo nei prossimi giorni

A complicare però ulteriormente la situazione è il fatto che vi è una distinzione tra i beni utilizzati dai militari del Genova Cavalleria (la zona del Centro ippico militare) e quelli in uso al Museo Militare, entrambi dipendenti direttamente dalla Brigata Pozzuolo.

Senza aggiungere poi che sui manufatti utilizzati (luoghi, costruzioni, elementi fortificati, controporte, lunette e altro) la competenza è quella del XII Reparto Infrastrutture di Udine.

Questo se ci si limita a parlare delle fortificazioni, perché anche all’interno della città stellata ci sono immobili la cui proprietà fa capo allo Stato, come ad esempio il palazzo del Governatore alle Armi o tutto il complesso della Montezemolo.

Questa situazione, presente nella fortezza di Palmanova, complica la possibilità di effettuare interventi sulla cinta fortificata, la quale, essendo un bene culturale, è soggetta naturalmente anche al parere della Soprintendenza.

«Non diamo tutte le colpe all’Esercito, intervenga il Ministero»
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«Se è difficile intervenire, con tutti i permessi e le autorizzazioni, sulla parte demaniale – precisa il sindaco Francesco Martines – lo è ancor di più realizzare qualcosa sull’area demaniale che è data in uso ai militari. Non faccio un’accusa a chi opera in loco, ma è l’intero sistema che è appesantito da iter burocratici incredibilmente lunghi e articolati. E quando qualcosa non funziona, per attuare un intervento anche semplicemente di manutenzione, bisogna mettere in modo meccanismi lunghissimi e complicati. Con il rischio che non si faccia nulla. Ma questa situazione è davvero assurda».

A titolo di esempio Martines cita il percorso intrapreso dal Comune per illuminare porta Cividale. L’obiettivo è quello di valorizzare con un’illuminazione simile a quella di porta Udine, anche gli altri due ingressi cittadini. Per porta Aquileia, che è di proprietà comunale, il problema non si è posto.

«Per porta Cividale, pur avendo già in mano l’ok della Soprintendenza – riferisce il sindaco – abbiamo dovuto inoltrare richieste a sette diversi enti da Udine a Roma, passando per Padova e Verona. L’iter è partito a luglio dello scorso anno; sappiamo che esiste un parere favorevole, ma ad oggi non abbiamo ancora una comunicazione ufficiale dell’ok all’intervento che, oltre tutto, non richiede alcun costo e responsabilità a carico del Ministero della Difesa».

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