Addio al pesista Armando Tosoratti: il campione che sollevò la vita con la forza del cuore
L’atleta friulano, che fece parte del gruppo delle Fiamme Oro, aveva 82 anni. Fu campione nazionale, negli anni 60 iniziò la sua carriera sportiva nella palestra di via Marangoni

Addio al pesista friulano ed ex campione italiano Armando Tosoratti, il “Cucane” che sollevò la vita con la forza del cuore. Se n’è andato nella mattina del 22 ottobre, a Roma. L’atleta nel 1964 conquistò il podio nazionale (nella categoria dei massimi) e, con la maglia delle Fiamme Oro, fece sognare il movimento della pesistica italiana. Aveva 82 anni.
A darne notizia è il fratello Ezio Tosoratto. Il loro cognome è leggermente diverso per un errore anagrafico, ma i due sono sempre stati uniti da una stessa passione sportiva e da un profondo affetto. «Armando era conosciuto non solo per la sua forza, ma per la sua umanità» racconta infatti Ezio.

Nato il 28 settembre 1943 a Cuccana, piccola frazione di Bicinicco, in provincia di Udine, Armando era figlio di contadini. Nel 1961 la famiglia si trasferì a Zugliano, alle porte del capoluogo friulano, inseguendo le promesse del boom industriale. Lì il giovane, di giorno operaio in officina e la sera studente al Malignani, scoprì la pesistica quasi per caso, nella palestra di via Marangoni. Fu messo alla prova da Marcello Zoratti e Ivano Brianese, che lo ribattezzarono affettuosamente “Cucane”. Si racconta che, al primo tentativo, sollevò senza esitazione un bilanciere da 90 chili, lasciando tutti a bocca aperta. Da quell’episodio nacque una carriera destinata a brillare.
Nel giro di pochi mesi Tosoratti cominciò a vincere gare su gare, imponendosi tra i pesisti più promettenti del Paese. Nel 1964 divenne campione d’Italia e fu chiamato nella Nazionale. Il trasferimento a Roma, nelle Fiamme Oro, segnò l’inizio di una nuova vita. Alla cerimonia del giuramento, a Caserta, stupì tutti sollevando due commilitoni di 75 chili ciascuno, appesi a una sbarra: un’immagine che resta nella memoria di chi c’era.
Allenamenti durissimi – anche sei ore al giorno – gli permisero di raggiungere il suo apice: record italiano nello “strappo” con 137,5 kg, un primato rimasto imbattuto per oltre dieci anni.
Tosoratti è descritto come un atleta integro, nel fisico e nello spirito. Nel 1967, quando gli fu proposto di assumere anabolizzanti per migliorare le prestazioni in vista delle Olimpiadi di Città del Messico, rifiutò. Scelse salute e correttezza, pur sapendo che avrebbe pagato quel no con l’esclusione dalla squadra olimpica.
Nel 1968 lasciò la polizia di Stato e iniziò una nuova carriera all’Alitalia, nel settore manutenzione. Nella Capitale trovò anche l’amore: conobbe Lucia, che sposò due anni dopo. Dal loro matrimonio nacquero Marco e Nevio, i suoi orgogli più grandi. Nonostante la lontananza, Tosoratti non ha mai reciso il legame con il Friuli: tornava spesso, parlava in dialetto con il fratello Ezio, ricordava con nostalgia la sua Cuccana. A Roma si era fatto conoscere anche fuori dallo sport, impegnandosi nel volontariato e in attività di solidarietà.
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