Lovisa revoca il concordato: «Basta con le offese». Il Pordenone calcio verso il fallimento
Il presidente neroverde amareggiato dagli striscioni e dagli adesivi dei tifosi che gli intimavano di andarsene. Inevitabile la liquidazione giudiziale

PORDENONE. La resa di Lovisa. Clamorosa svolta nella vicenda del Pordenone calcio. Proprio negli ultimi giorni di un’interminabile attesa della sentenza del tribunale, che avrebbe dovuto decidere se accettare l’ammissione alla procedura concorsuale della srl neroverde oppure se rigettarla e decretare la liquidazione giudiziale, Mauro Lovisa ha deciso di revocare la proposta di concordato preventivo in continuità, depositata dai suoi legali oltre due mesi fa.
Il patron si è sentito solo e particolarmente amareggiato dagli striscioni e dagli adesivi sparsi in città che gli intimavano di andarsene. E così, alla vigilia della scadenza del termine di presentazione dei documenti integrativi e delle verifiche sugli apporti dei soci richiesti dai giudici fallimentari, ha gettato la spugna.
Mercoledì, o al più tardi giovedì, salvo sorprese più che improbabili, sarà dunque decretato il fallimento del Pordenone calcio. Resta da capire se potrà proseguire l’attività di base iniziata appena una settimana fa con i bambini delle categorie Piccoli amici e Primi calci. E che cosa ne sarà del marchio del glorioso club dei ramarri.
Lo stesso Lovisa ha inviato un comunicato agli organi di informazione: «In questi difficili mesi, venuta meno la possibilità di mantenere la presenza del Pordenone calcio in serie D o almeno nel campionato di Eccellenza, dopo che malamente si era persa sul campo la possibilità di tornare in serie B, si sono alternati nel mio animo – scrive Lovisa – momenti di amarezza e da ultimo di sconforto.
Per anni ho dedicato al Pordenone calcio non solo la mia passione ed il mio tempo, ma gran parte delle disponibilità finanziarie delle quali disponevo mettendo a repentaglio anche il mio patrimonio.
Per tante stagioni il Pordenone è riuscito ad essere presente con onore sulla scena sportiva nazionale, come mai – precisa il presidente – era accaduto in passato, tenendo alto, non solo tra gli sportivi, il nome della città e del nostro territorio».
Lovisa prosegue: «Voglio ricordare che questo percorso è stato particolarmente difficile perché Pordenone non dispone di un campo sportivo adeguato alla serie B ed alla serie C e perché, ad eccezione del presidente onorario Zuzzi e di un numero ristretto di sponsor ai quali va tutta la mia riconoscenza, nessun altro ha mai manifestato interesse ad impegnare risorse di una certa entità per sostenere il Pordenone.
Molti sono stati i cittadini che, aderendo al crowfunding, hanno voluto aprie un contributo e far parte della base sociale. Anche al Ioro appoggio, per quanto limitato nel complessivo ammontare, vanno il mio rispetto e la mia riconoscenza.
Ho certamente commesso degli errori, sospinto sempre dal desiderio di raggiungere e mantenere traguardi ambiziosi per il Pordenone.
Se l'iniziativa, peraltro legittima, della Procura della Repubblica non si fosse incrociata con le scadenze per l'iscrizione ai campionati e se i calciatori tesserati avessero manifestato per tempo l'adesione alla proposta che avevo formulato per la definizione della Ioro posizione, forse l'epilogo – continua – sarebbe stato diverso.
Mettendo davanti ad altri interessi quelli del soddisfacimento dei creditori e del mantenimento del titolo sportivo, ho iscritto la società ai campionati giovanili ed ho insistito con gli avvocati Roberto Casucci, Bruno ed Antonio Malattia per valutare la praticabilità di una procedura di concordato preventivo in continuità».
«A fronte di questi miei impegni, della mia volontà di trovare una composizione il più possibile soddisfacente per tutti, si è scatenata una campagna di ostracismo e di disprezzo nei miei confronti spesso con inviti, affissi in varie parti della città, a sbarazzarsi di Lovisa.
Non posso più sopportare – conclude il presidente – dileggio ed offese. Mi sono deciso, pertanto, a chiedere ai legali, scusandomi con loro, di rinunciare alla domanda di concordato».
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