L'inchiesta sui vip: «chiesti i documenti a Lussemburgo»

Le difese al contrattacco nell’inchiesta sulla maxi-evasione da quasi 12 milioni a carico di nove vip dell’economia friulana

UDINE. «Ci viene contestata l’esterovestizione di una società per un utile non denunciato. La verità è che non c’era niente da denunciare. E lo dimostreremo depositando la copia autentica delle dichiarazioni dei redditi presentate in Lussemburgo. La richiesta è già partita». Nell’inchiesta avviata dalla Procura a carico di nove “big” dell’economia friulana per una presunta maxi evasione fiscale da quasi 12 milioni di euro attraverso la costituzione di società basate fittiziamente in “paradisi fiscali” esteri, l’avvocato Giovanni Paolo Businello difende l’imprenditore Antonio Maria Bardelli.

Cioè uno dei cinque indagati accusati di omessa dichiarazione. Per altri tre, gli imprenditori Lino Midolini e Carletto Tonutti, con sua moglie Emanuela Zanin, si ipotizza la dichiarazione infedele, mentre per uno solo, il commercialista Gianattilio Usoni, sono state formulate entrambe le ipotesi.

Indicato come l’amministratore di fatto e, poi, socio di maggioranza della “Financiere concorde sa” con sede formale a Lussemburgo ed effettiva a Udine, Bardelli avrebbe evaso l’Ires, tra il 2009 e il 2010, per un ammontare di 1 milione 617.273,33 euro. «Il magistrato ha preso un granchio per entrambe le annualità - afferma l’avvocato Businello -. Nel 2009, l’utile era stato controbilanciato da una perdita quasi equivalente nel 2008, che era andata in deduzione sull’anno successivo. Nel 2010, l’utile era stato rettificato dalla società con una perdita indicata nella dichiarazione dei redditi presentata in Lussemburgo». Da qui, la richiesta alle Entrate lussemburghesi, affinchè forniscano quanto prima la documentazione relativa al biennio ai fini del procedimento in corso.

«Il fatto di avere una holding all’estero per il nostro ordinamento è assolutamente lecito e trasparente». Comincia da questa premessa la difesa dell’avvocato Maurizio Miculan, legale di fiducia del commercialista Usoni, dei coniugi Tonutti e Zanin, titolari dell’industria di macchine agricole di Remanzacco, e, insieme all’avvocato Emanuele Urso, degli imprenditori Riccardo Del Sabato e Gabriele Ritossa, del gruppo di residenze per anziani “Zaffiro”.

«La vicenda - continua Miculan - “sconta” il fatto che l’indagine penale non è stata preceduta, come quasi sempre accade, da una verifica fiscale in cui il contribuente spiega le proprie ragioni alla Guardia di finanza. Per questo, ieri ho chiesto l’interrogatorio: forniremo tutti gli elementi tecnici necessari a dimostrare l’insussistenza di qualsivoglia ipotesi penalmente rilevante». Per pm e gip, Usoni concentrava nelle proprie mani la gestione delle esterovestite, come professionista di riferimento per il Fvg della Bdo, la società lussemburghese dove avevano sede altre 57 società amministrate da un altro soggetto.

Quanto a Del Sabato e Ritossa, indagati per l’omessa dichiarazione nel 2009 di 216.552,85 euro, Miculan ricorda come «la costituzione della holding in Lussemburgo coincida con un periodo in cui il gruppo cercava partner internazionali per il potenziamento dell’attività.

Non avendolo reperito, la holding fu rimpatriata. In ogni caso, le somme di denaro confluite alla holding erano già state tassate in Italia. E l’ipotetica imposta evasa, pari al massimo a 16.500 euro, è inferiore alla soglia di rilevanza penale». Ancora non precisata, almeno ai diretti interessati, l’entità della presunta evasione contestata dalla Polizia tributaria a Tonutti e Zanin. «Il loro gruppo opera storicamente sul mercato estero - afferma Miculan - e quindi la holding estera era strumento più che legittimo per soddisfare le esigenze di commercializzazione del prodotto. Il fatto che la stessa Procura non abbia contestato l’esterovestizione significa che la holding era concretamente operativa in Lussemburgo. La mancata richiesta di sequestro, inoltre, lascia intendere come l’indagine sia poco più che esplorativa».

Non una società esterovestita, ma un trust con sede formale a Londra ed effettiva in Italia, invece, al centro dell’indagine a carico di Lino Midolini, imprenditore delle discariche convertito da poco al “green” con il Parco fotovoltaico di Premariacco. L’ipotesi è che abbia omesso la dichiarazione di elementi attivi per 250 mila euro nel 2006 e 2 milioni 508.480 nel 2010 ed evaso l’Irpef per 105.230 e 1 milione 75.475 euro. «Faremo valere le nostre ragioni - ha affermato l’avvocato Ezio Franz, che difende lui e il consulente Massimo Collino insieme al collega Salvatore Capomacchia - e riteniamo di averne a sufficienza. Ciò che abbiamo cercato di spiegare al pm è stato evidentemente tardivo. Ora lo faremo meglio con documenti contabili alla mano». Non meno fiducioso l’avvocato Capomacchia.

«Dimostreremo che i 250 mila euro non hanno natura reddituale - ha detto -, ma che sono invece la restituzione di una parte del fondo costitutivo del trust. Quanto ai dividendi che si suppone non dichiarati, in realtà non sono neppure mai stati incassati da Midolini, perchè c’era una delibera di distribuzione mai eseguita». Fermo nel ribadire l’infondatezza delle accuse anche l’avvocato Bruno Malattia, che difende il “re dell’acciaio” pordenonese Luigi Cimolai, cui si contesta un’evasione di 5 milioni 574.202,77 euro. «Attendiamo il Riesame», ha ripetuto anche ieri.

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