L’assessore Rosolen: «Si torna in classe e ce la faremo: è un dovere verso i nostri figli»

L'esponente della giunta del Fvg parla a una manciata di giorni dall’inizio delle lezioni nella maggior parte degli istituti. «Si parte nell’incertezza, ma i benefici del ritorno in aula sono superiori a qualsiasi rischio»

L'assessore Rosolen: "La scuola riparte, è una sfida che dobbiamo vincere"

UDINE. Il sistema-scuola del Friuli Venezia Giulia sta tenendo e, pur con le difficoltà oggettive ormai note, è in grado di reggere l’urto delle riaperture perché i benefici del ritorno in classe sono maggiori dei rischi.

Alessia Rosolen, assessore all’Istruzione, parla a una manciata di giorni dall’avvio ufficiale dell’anno scolastico, per il Friuli Venezia Giulia fissato a mercoledì, e, tra una stilettata al Governo e all’Ufficio scolastico regionale, lancia un messaggio di fiducia alle migliaia di studenti, insegnanti e personale non docente che si apprestano a tornare in classe dopo i lunghi mesi di stop a causa del coronavirus.

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Assessore, come riparte la scuola in Friuli Venezia Giulia?

«Nell’incertezza e con il rischio reale che l’apertura delle scuole è in grado di provocare, ma anche con un sistema regionale che, dal punto di vista strutturale e di spazi, sta reggendo bene per quanto manchino ancora una serie di certezze su diversi temi come l’arrivo dei banchi».

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MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - SIEROLOGICI PER INSEGNANTI

Quanti ne sono stati consegnati fino a questo momento?

«Non lo dovete chiedere alla Regione e, purtroppo, nemmeno all’Ufficio scolastico del Friuli Venezia Giulia, considerato come l’operazione banchi, gel e mascherine sia in mano al commissario Domenico Arcuri che ha annunciato alla fine di agosto l’avvio della distribuzione dalle aree in cui il Covid aveva mietuto più vittime.

Ma senza stabilire un programma e nemmeno chiedere aiuto alle Regioni che avrebbero potuto tranquillamente essere della partita anche, meramente, attraverso la distribuzione dei banchi utilizzando la Protezione civile. C’è però un dato che voglio mettere in chiaro».

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Prego...

«Non sono qui a presentare l’elenco delle colpe e delle scelte prese da altri. Ritengo, tuttavia, che ci sia un dato politico, vero, di estromissione delle Regioni durante tutto il periodo dell’emergenza e che, sulla scuola, la decisione del ministro Lucia Azzolina di delegare a un rapporto diretto con gli istituti e alla mediazione degli Uffici scolastici la rilevazione dei fabbisogni, il monitoraggio e le risposte non è stata efficace. In una fase come questa l’intervento regionale si sarebbe rivelato molto più incisivo».

Ma in regione è arrivato qualcosa, tra banchi e mascherine, inviato da Roma?

«Dicono di sì, ma non possediamo un calendario specifico e non sappiamo se esiste, tolta la scelta delle scuole primarie come punto di partenza per la distribuzione, un elenco di priorità oltre a non avere alcun dato concreto sugli arrivi che si sostiene si siano concretizzati in questi giorni».

Scusi, ma quindi si comincia con grande confusione?

«Un po’ sì, però, lo ripeto, il Friuli Venezia Giulia partirà, tolti alcuni problemi come gli spazi nelle scuole di secondo grado di Udine, garantendo risposte tutto sommato accettabili sia in termini di organizzazione, sia di servizi.

Ogni richiesta arrivata attraverso monitoraggi della Regione e legata alle esigenze di trasporto pubblico, all’utilizzo delle palestre in orario non scolastico oppure sul raccordo costante con i Dipartimenti di prevenzione è stata del tutto soddisfatta. Non ci sono problemi gravissimi da affrontare, anche se su un tema io in questo momento, se fossi stata il direttore dell’Ufficio scolastico, non sarei intervenuta».

Quale?

«Quello di agire sulla valutazione di accorpamenti oppure di non autorizzazioni di classi. Il dimensionamento spetta alle Regioni ed è un tema sul quale l’Ufficio scolastico non può muoversi su criteri diversi da quelli decisi dalla giunta».

Ed è stato fatto, invece?

«Sì, penso a Claut oppure ad alcune classi che non sono state attivate».

Poi c’è il problema storico del personale...

«Mancano docenti, ma a me, e credo a tutti, farebbe piacere conoscere quali sono stati i criteri di riparto dei 35 milioni arrivati in Friuli Venezia Giulia e soprattutto essere edotti su quali sono le situazioni ancora critiche e correlate non soltanto ai supplenti, ma anche al personale Ata e di sostegno.

Il lavoro svolto dall’Ufficio scolastico rappresenta la base per decidere se e come indirizzare l’ulteriore intervento regionale. Negli anni precedenti abbiamo sostenuto i direttori scolastici quando non ce n’erano e il personale Ata quando mancava, senza dimenticare i docenti di sostegno, nel momento in cui ce n’era bisogno, stanziando importi considerevoli.

Ma fino a quando non possediamo un quadro complessivo, non possiamo definire le nostre priorità d’intervento. E questi sono tutti nodi che con la regionalizzazione dell’Ufficio scolastico sarebbero sciolti».

Cos’è mancato, in questi mesi, sul tema-scuola?

«Si è agito molto tardi, se pensiamo che le linee guida sono state pubblicate soltanto il 31 agosto, e con un pizzico di schizofrenia, nel senso che non si è immaginato un piano complessivo che mettesse in campo risposte vere, ma ci si è concentrati, appunto, sui banchi con la conseguenza di mettermi di fronte, personalmente, a un mare di domande».

Può spiegarsi meglio?

«Mi chiedo perché si è pensato esclusivamente ai banchi e non, ad esempio, ai libri da trasformare in formato digitale. Temo che l’investimento sia stato fatto in favore di Regioni molto spesso meno attente del Friuli Venezia Giulia e che non hanno effettuato, per moltissimi anni, alcun investimento su arredi e strutture scolastiche.

Noi, nell’ultimo biennio, siamo intervenuti con contributi alle scuole per l’acquisto di arredi, materiale informatico e strumenti per i laboratori. È normale, quindi, che per il Friuli Venezia Giulia l’emergenza-banchi non fosse un dato su cui costruire l’intera campagna per il riavvio dell’anno scolastico.

Per due mesi abbiamo sentito parlare soltanto di banchi e non mi pare rappresentino l’infrastruttura primaria necessaria alla ripartenza».

La convince il protocollo adottato in caso di contagi?

«Non sono uno scienziato e non mi metterò a tracciare analisi tecniche, ma resto convinta che, al netto di tutto, i benefici educativi e sociali del riavvio delle scuole sono superiori a qualsiasi eventuale possibilità di contagio. Non serve creare una psicosi sul ritorno in classe.

C’è la necessità di spiegare bene le azioni di raccordo con i Dipartimenti di prevenzione, ma dobbiamo affrontare con forza, e serenità, la più grande sfida che hanno di fronte i cittadini del Friuli Venezia Giulia. Credo che compromettere la crescita di un’intera generazione, come abbiamo rischiato di fare con la chiusura delle scuole, non sarebbe perdonabile.

L’appello, quindi, è rivolto alla responsabilità di ognuno di noi con l’obiettivo di comprendere che i disagi che tutti quanti dovranno sopportare saranno molto inferiori ai vantaggi della riapertura degli istituti».

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«Sono numeri bassi. Penso che alla base dovrebbe esserci un senso di responsabilità collettiva che dovrebbe portare il personale a svolgere l’esame. Soprattutto perché docenti e altri dipendenti stanno per entrare in contatto con molte altre persone e perché hanno la responsabilità di ritornare in strutture che sono state chiuse per molti mesi.

Stiamo parlando di scuole e ricordo come quando gli operai sono stati rimandati a lavorare, il tampone, soprattutto nella fase di avvio, fosse di fatto quasi obbligatorio».

Lei avrebbe reso obbligatorio i test come fatto da Vincenzo De Luca in Campania?

«Non lo so, ma certamente se fossi stato un insegnante lo avrei fatto».

Cosa risponde alle critiche arrivate, in queste settimane, dalle opposizioni in Consiglio?

«I grillini devono difendere un caso difficile come il loro ministro dell’Istruzione e anche per loro non deve essere facile. Quanto al Pd, invece, il discorso cambia».

In che senso?

«Ho la coscienza assolutamente pulita. Dal primo momento dello scoppio della pandemia la Regione ha messo a disposizione colloqui, formali e informali, e fondi, diretti e indiretti, a supporto di tutto il sistema scolastico. In nessun frangente in cui avevamo la certezza di poterci muovere ci siamo tirati indietro.

Cosa avremmo dovuto fare, ad esempio, sui trasporti se non esisteva un protocollo che, ricordo, è arrivato, pure quello, a fine agosto? Cosa ci saremmo mossi a fare su temi legati agli spazi scolastici se anche su quello non esistevano dati, oggettivi, rispetto alle modalità con le quali dovevano essere organizzati?

Se l’attacco è questo, rispondo che la Regione ha agito tempestivamente, costantemente e ogni volta in cui ha avuto la certezza di poter intervenire in base a criteri oggettivi e che non andavano a intralciare il lavoro di nessuno». —

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