L’allarme dei sindacati: 3 mila lavoratori in Fvg rischiano di non avere più la cassa integrazione

Di questi circa 1.800 dipendenti appartengono al settore metalmeccanico. Cgil: si rischia il dramma sociale, per uscire dalla crisi le aziende licenzieranno

UDINE. Sono tre mila - secondo le stime dei sindacati - i lavoratori che in Friuli Venezia Giulia usufruiscono degli ammortizzatori sociali, dei quali 1.800 appartengono al settore metalmeccanico. Strumenti di sostegno del reddito che per molte aziende scadranno a fine mese. E quello che si rischia è «un dramma sociale».

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Lo dicono le sigle sindacali a livello nazionale - dove sono 140.000 i metalmeccanici -, lo ribadiscono, da tempo, anche in Fvg. «Non si tratta di tre mila lavoratori tutti in esubero – afferma il segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta – ma il rischio concreto è che una parte di questi non trovino una ricollocazione». «Gli ammortizzatori sociali – continua – per alcune aziende finiranno tra pochissimo e questa è la conseguenza di una scelta sciagurata del precedente governo con il Jobs Act.

Ci ritroviamo così con un esercito di persone, che sono quelle più deboli, spesso ultra cinquantenni, per le quali è difficile trovare un nuovo posto di lavoro». Avere ristretto questi strumenti, per la Cgil «rende tutto più difficile visto che la crisi economica non è passata e ci sono tante situazioni in essere e altrettante nuove. Siamo comunque riusciti a superare la fase acuta durata fino a due anni fa grazie al grande lavoro delle parti sociali usufruendo al massimo di tutte le possibilità che gli ammortizzatori ci davano per evitare dei drammi sociali alle famiglie».

Quello dei sindacati, dunque, è un grido di allarme. Che diventa appello alla Regione. «Per effetto delle ultime norme – prosegue Pezzetta – risulta per le aziende anche più facile licenziare. Senza ammortizzatori non ci sono strumenti per affrontare le situazioni di emergenza se non lasciando a casa le persone. Per tale motivo abbiamo chiesto alla giunta Fedriga di affrontare in tempo questo tema per trovare le soluzioni migliori per attutire l’impatto sociale delle scelte del governo precedente. Altrimenti le crisi adesso saranno gestite con la disoccupazione e non è ammissibile».

Si protesta, dunque, per evitare «drammi sociali», per impedire «che i licenziamenti siano la soluzione a cui ricorrere per affrontare le situazioni di crisi. Gli ammortizzatori non sono un privilegio. Noi chiediamo la reintroduzione della cassa integrazione per la cessazione della attività aziendale e margini più ampi per poterla utilizzare».

Una voce, quella dei sindacati che si leva in tutta Italia. Ieri mattina Fim, Fiom e Uilm, erano in presidio sotto il ministero dello Sviluppo economico. Oggi le delegazioni dei sindacati metalmeccanici saranno ricevuti dal ministro al Lavoro e allo Sviluppo economico Luigi Di Maio.

Una situazione che per il M5s ha un colpevole, il Pd promotore di una «legge disgraziata, il Jobs Act, che ha dato il colpo di grazia al mercato del lavoro e ha cancellato gli ammortizzatori sociali. Per riparare ai danni di quella legge noi oggi dobbiamo intervenire. Il Decreto dignità non è stato che il primo passo: il governo ha già fatto ripartire la cassa integrazione in deroga». Affermazioni contro cui tuona la deputata del Pd Debora Serracchiani, membro della commissione Lavoro.

«La tattica dei M5s – afferma – è non risolvere i problemi e anzi crearne di nuovi e far montare quelli che già ci sono: vogliono che ci sia una sempre maggiore tensione sociale. Abbiamo lanciato l’allarme su quello che stava per accadere e nel Milleproroghe presentando proposte per gli ammortizzatori in scadenza per crisi. Non andiamo in Parlamento a difendere il Jobs Act a oltranza, siamo pronti a trovare nuovi strumenti, a riformare le norme sugli ammortizzatori sociali allargando la loro copertura, ma qui è la maggioranza a dire no a qualsiasi soluzione».

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