La tragica fine di Giulio, è stato ucciso perchè pensavano fosse una spia

Il New York Times cita la testimonianza di tre funzionari investigativi del Cairo. Nella sua tesi il motivo della scomparsa: chi verrebbe qui a studiare i sindacati?

UDINE. Giulio Regeni, la sera del 25 gennaio, sarebbe stato sequestrato da due agenti in borghese della polizia egiziana. Gli stessi uomini che, nelle giornate precedenti alla scomparsa dello studente friulano, giravano per il quartiere di Dokki, dove abitava l’italiano, chiedendo informazioni sul dottorando di Cambridge.

La rivelazione arriva dal New York Times in un lungo articolo in cui si citano tre funzionari investigativi del Cairo che, intervistati singolarmente, hanno raccontato, tutti, la stessa versione dei fatti: Regeni è stato rapito perchè ritenuto una spia occidentale.

Lo scorso 25 gennaio il Cairo era una città blindata in occasione del quinto anniversario della rivoluzione che scacciò Hosni Mubarak. Al-Sisi, per assicurarsi che non ci fossero manifestazioni di piazza, aveva sguinzagliato migliaia di agenti – regolari e non – per le strade della capitale.

Diversi testimoni, spiega il New York Times, hanno parlato, in particolare, di due uomini alla ricerca di uno o più ragazzi nella stessa strada – via Sudan stando a fonti egiziane – percorsa da Regeni per raggiungere la fermata della metropolitana di Bohooth.

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Il feretro di Giulio Regeni raggiunge la palestra per la funzione funebre, Fiumicello, 12 febbraio 2016. ANSA/ALBERTO LANCIA

La stessa via, tra l’altro, in cui ci sarebbero almeno quattro telecamere a circuito chiuso di esercizi commerciali che, però, non potrebbero essere utili ai fini dell’indagine visto che le registrazioni, come hanno spiegato i negozianti, di cancellano automaticamente alla fine di ogni mese.

Un testimone che ha chiesto di mantenere l’anonimato ha quindi raccontato ai giornalisti statunitensi di aver visto, intorno alle 19, i due poliziotti in abiti borghesi fermare lo studente a Dokki.

Uno gli avrebbe frugato nelle tasche e nelle borsa – inserendo in questo mistero un dettaglio nuovo, legato a una tracolla in possesso di Regeni e mai citata in precedenza – mentre l’altro controllava il suo passaporto. Poi sarebbe stato portato via. Il testimone, inoltre, ha raccontato che erano gli stessi agenti che, nei giorni precedenti, giravano per il quartiere chiedendo informazioni sullo studente friulano.

La ricostruzione del New York Times continua anche se, in questa parte, non collima con quanto dichiarato dal professor Gennaro Gervasio agli inquirenti italiani che indagano contro ignoti per omicidio volontario.

Gervasio, infatti, ha detto di aver sentito telefonicamente attorno alle 19.40 Regeni – il quale gli aveva annunciato l’intenzione di uscire di casa verso le 20 per avviarsi alla stazione delle metropolitana di Bohoot – e dei ripetuti tentativi di contatto tra le 20.18 e le 20.23 prima che il suo telefonino risultasse irraggiungibile a partire dalle 20.25.

L’Egitto contrattacca e mette in discussione i rapporti diplomatici
A handout picture released by the Egyptian Presidency shows Egyptian President Abdel Fattah al-Sisi (R) meeting with Italian Prime Minister Matteo Renzi (L) at the Egypt Economic Development Conference (EEDC), in the Red Sea resort of Sharm El-Sheikh, Egypt, 14 March 2015. Global business executives and government officials attend the Egypt Economic Development Conference in the resort town of Sharm al-Sheikh. EPA/EGYPTIAN PRESIDENCY / HANDOUT

Il New York Times, però, assicura che i tre funzionari della sicurezza egiziana confermano la versione scritta nell’articolo assieme al fatto che Regeni sarebbe stato preso in consegna per via del suo comportamento e, soprattutto, perchè considerato una sorta di agente segreto.

«Era molto scortese – ha raccontato uno dei poliziotti – e si comportava come un duro». E tutti e tre, separatamente, hanno detto che Regeni aveva attirato l’attenzione su di sé anche per via dei contatti presenti sul suo telefono cellulare (quindi sarebbe stato intercettato? ndr) incluse alcune persone associate ai Fratelli Musulmani e al gruppo di sinistra Movimento giovanile 6 aprile, entrambi messi al bando dall’Egitto di al-Sisi.

«Hanno pensato fosse una spia – ha detto uno dei funzionari –. Del resto, chi viene in Egitto per studiare i sindacati?».

Non sanno, o non ci credono, i funzionari ascoltati dal New York Times che lo sviluppo dei sindacati indipendenti, così come dell’economia egiziana, rappresentava il “cuore” della ricerca affidata a Regeni dall’università di Cambridge.

E che per questo motivo era andato lo scorso 11 dicembre all’incontro organizzato al Centro servizi per i lavoratori e i sindacati del Cairo. Forse non ci hanno creduto nemmeno i servizi di sicurezza egiziani che, proprio da quell’assemblea, potrebbero averlo cominciato a seguire e controllare.

In quell’occasione, infatti, un uomo “fuori contesto”, come lo hanno definito tre ricercatori italiani amici dello studente friulano ascoltati giovedì dal pm Sergio Colaiocco, avrebbe scattato una serie di fotografie a Regeni, unico occidentale presente all’incontro. Un episodio ritenuto particolarmente significativo perchè turbò molto il ricercatore che ne parlò con preoccupazione, la sera stessa, a due amici.

Qualche settimana dopo, il 14 gennaio, il resoconto dell’assemblea stilato da Regeni venne pubblicato, sotto pseudonimo, su Nena News. È possibile, quindi, che il giovane sia stato schedato e che poi qualcuno lo abbia collegato a un articolo non gradito ad almeno alcuni settori vicini al regime.

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