La morte di Rahida e il “fermo” di Mosetti I legali sull’alcoltest: «Non era ubriaco»

Questa mattina, il Giudice per le indagini preliminari (Gip) deciderà se convalidare il fermo di Giulio Mosetti che, sabato sera, ha tamponato una monovolume in cui viaggiava Rahida, la bambina di quattro mesi deceduta in seguito all’incidente. Si terrà, infatti, l’udienza di convalida. Il noto avvocato goriziano e presidente della Pro Gorizia è attualmente agli arresti che - giova ripeterlo - non è una misura cautelare, bensì è la misura precautelare dell’arresto facoltativo in flagranza di reato, conseguente all’imputazione di “omicidio stradale” e disposto dall’ufficiale di Polizia giudiziaria.
Nel frattempo, arrivano elementi di chiarezza su quello che era diventato un piccolo giallo della tragedia sull’autostrada A34. L’avvocato goriziano Giulio Mosetti era stato sottoposto all’alcoltest ma restavano ignote le risultanze del controllo. Lo stesso procuratore capo Massimo Lia si era sottratto al quesito, spiegando che non avrebbe risposto a questa domanda.
Oggi, a chiarire i dubbi intervengono gli avvocati Daniele Compagnone e Antonio Montanari. Non forniscono numeri né la concentrazione esatta dell’alcol nel sangue. «L’alcoltest ha evidenziato - le parole dei due legali - che il livello era di poco superiore alla soglia di rilevanza penale. E, comunque, questo valore parrebbe non avere incidenza causale nell’incidente». Tradotto in parole più semplici e comprensibili a tutti: Mosetti non era ubriaco, era perfettamente in grado di intendere e di volere e, come descritto, sin dalle ore successive allo schianto in autostrada, dal suo legale Compagnone, era «lucido». Non solo. Lo stesso difensore aveva ricordato come il dirigente della Pro, Dapas (che Mosetti aveva riportato a casa a Cervignano del Friuli) mai sarebbe salito sull’auto se avesse colto un qualche segno di alterazione in Mosetti.
Ma, seppure con un valore basso, si configura il reato di guida in stato di ebbrezza. In caso di accertamento di un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro, le sanzioni sono l’ammenda da 800 a 3.200 euro, l’arresto fino a 6 mesi e la sospensione della patente di guida da 6 mesi a 1 anno; in più, l’obbligo di visite mediche. La legge prevede inoltre che, in caso di omicidio colposo conseguente a un incidente stradale, lo stato di ebbrezza del guidatore costituisce un’aggravante.
Quale la strategia difensiva degli avvocati Compagnone e Montanari? Posto, e lo ripetono, che il livello di alcol di poco superiore alla soglia di rilevanza penale «non sembra avere un’incidenza di causalità nell’incidente che è costato la vita a Rahida», gli avvocati ipotizzeranno il colpo di sonno. Mosetti, professionista da sempre super-impegnato, con mille impellenze e svariati interessi «è solito andare a dormire molto presto perché si sveglia prima dell’alba». Quindi, potrebbe essersi trattato di un colpo di sonno improvviso che ha determinato il tragico tamponamento.
Importante anche approfondire (e chiarire) se la piccola Rahida, mentre viaggiava sul sedile posteriore accanto alla madre, nella Chrysler Voyager guidata dal padre, fosse assicurata a qualche dispositivo di sicurezza, ovvero se il suo “ovetto” avesse le cinture allacciate. Il corpicino privo di vita è stato trovato all’esterno della monovolume, sbalzato dall’abitacolo sfondato dal tamponamento da parte dell’Audi. Una tragica dimenticanza? Una fatale superficialità? Malfunzionamento del sistema di ritenuta? Queste le domande cui va data anche risposta. —
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