«Io, pordenonese ora sono musulmana e mi sento libera»

Si chiamava Cristina, adesso Fatima. Convertita per amore Porta il velo, ma solo in moschea, e continua a uscire da sola

PORDENONE. Da Cristina a Fatima: due nomi diversi e in mezzo c’è la conversione all’Islam. «L’ho scelto per amore – ha spiegato la pordenonese Cristina Dal Col che ha sposato Abbas, pachistano –. Frequento la moschea e porto il velo nel centro culturale islamico in Comina.

Al lavoro e fuori, invece, vado a testa nuda». Amore? «Per Dio che è unico – va avanti Cristina – e per mio marito Abbas che rispetta la mia libertà». In moschea a Pordenone, intanto, ci sono state altre due conversioni: maschili di ex cattolici.

Sempre di più le donne a volto coperto a Pordenone

La libertà. «Le scelte devono essere quelle del cuore – ci crede Dal Col –. Mio marito, la sua famiglia pachistana, gli amici musulmani rispettano le mie scelte e il fatto che esco di casa sola, non accompagnata come tante donne islamiche.

Quello che mi attira della religione musulmana è la chiarezza e semplicità delle regole. Con mio marito magari discutiamo, ci confrontiamo, ma non viene mai meno il rispetto e la fedeltà». Vietate alle donne minigonne, fumo, patente e ballare? «L’Islam tradizionalista nega queste scelte nei Paesi come l’Arabia Saudita, ma in Marocco le donne sono emancipate – ha continuato la cattolica convertita ad Allah a Pordenone –.

Nella nostra città le figlie delle famiglie musulmane frequentano le scuole, le piscine, cercano di fare alcuni piccoli passi di cambiamento e integrazione».

Il caso di Sanaa sgozzata dal padre marocchino e quelli di Touria e Hiba, vittime innocenti della furia del marito e padre assassino Abdelhadi Lahmar sono gli orrori del feminicidio nel Friuli occidentale. «Le forze dell’ordine erano state avvertite da Touria – ha detto Fatima –. È anche colpa dello Stato italiano che non tutela la sicurezza delle donne. Almeno, in questi casi dove ha anche inciso il momento di raptus».

Linea di confine. Le donne islamiche sono separate nella preghiera («parliamo con Dio e gli uomini non possiamo avere distrazioni», spiega la tradizione della distanza mistica e fisica) nel centro della Comina. «Nella festa di fine Ramadan il 6 luglio – ha ricordato Dal Col – le donne erano dietro al gruppo maschile, senza reti di separazione. È un passo avanti.

Credo profondamente di essere stata chiamata alla conversione: Inshallah». Nel nome di Allah, e in base al calendario musulmano che conteggia l’anno 1435, Cristina ora diventata Fatima non ha dubbi sulle stragi internazionali del terrorismo integralista islamico. «Il Corano insegna la pace e vieta l’omicidio – Fatima studia l’arabo e le sure –. Chiunque uccide un uomo è colpevole di avere ucciso l’umanità. La condanna degli attentati dei terroristi islamici a Dacca, Nizza è totale.

L’Islam dell’odio non è religione, ma follia di una finzione che non procura il paradiso». In moschea a Pordenone c’è il volto dell’Islam moderato e dell’integrazione. «L’aspetto che più amo di mio marito è quello della preghiera – ha spiegato un lato del rapporto di coppia Fatima –. Quando lo vedo pregare e sento che è per me una guida. È un operaio disoccupato, ma speriamo in Allah per un cambiamento». Vale la pena convertirsi per amore? «Vale la felicità», termina la conversazione Fatima già Cristina.

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