Gare truccate, ex direttore Demanio patteggia

UDINE. Turbativa d’asta e corruzione: è il binomio che la Procura di Udine ha ritenuto di ravvisare in una serie di gare indette dall’Agenzia del demanio, tra il 2009 e il 2012, e pilotate dall’allora direttore della filiale friulana, Roberto Fusari.
La vicenda è approdata ieri davanti al gup del tribunale di Udine, Matteo Carlisi, e proseguirà ora a dibattimento, sottoposta al vaglio dei giudici del tribunale collegiale, per i soli imprenditori che l’allora dirigente avrebbe favorito e che sono chiamati a rispondere delle medesime imputazioni.
Lui, il direttore infedele, 52 anni, di Udine, ha preferito patteggiare: 1 anno e 11 mesi di reclusione, con beneficio della sospensione condizionale, la pena che il suo difensore, avvocato Marco Vassallo, di Venezia, e il procuratore aggiunto Raffaele Tito, titolare dell’inchiesta, avevano concordato e che il gup ha applicato.
A giovargli, ai fini della concessione delle attenuanti generiche, oltre all’incensuratezza era stata la condotta processuale. Interrogato, Fusari aveva parlato e collaborato. Con la sentenza di ieri, è stata disposta anche la confisca dei 24 mila euro che aveva intascato in cambio delle vie preferenziali prospettate agli imprenditori.
Due gli episodi rilevati dagli investigatori - le indagini sono state condotte dalla Guardia di finanza di Gorizia - e altrettante le tranches da 12 mila euro consegnategli. Il primo accordo era stato stretto con Idilio Masi, 65 anni, di Castelnuovo Val di Cecina, amministratore della Soluzione srl: denaro, in cambio della garanzia di privilegiarlo in cinque gare in tutti i modi a lui possibili.
E cioè dando loro scarsa pubblicità, fornendo nei bandi informazioni imprecise, indicando prezzi di vendita eccessivamente bassi e, soprattutto, ricevendo le offerte del suo “protetto” in busta aperta, per compararne gli importi con le imprese concorrenti e, se del caso, correggerne l’offerta affinchè risultasse la più vantaggiosa. Una “scorciatoia”, insomma, adoperata per servizi di pulizia e manutenzione di due aree verdi e dell’ex palazzina infettivi dell’ospitale militare di Trieste, dell’ex deposito lubrificanti militare, a Muggia, e dell’ex manifattura tabacchi di Gorizia.
Poi, il meccanismo si era ripetuto, identico, con altri tre amministratori d’azienda, Armando Simonelli, 44 anni, di Fermo, e i fratelli romeni Marius Daniel e Bodgan Andrei Trefas, di 32 e 28 anni, residenti a Porto Sant’Elpidio, costituenti un tutt’uno operativo con le loro quattro ditte (una individuale e tre srl). In cima alle gare in contestazione, tutte a licitazioni private, la vendita di 30 bunker metallici ancorati al suolo tra Udine e Gorizia.
Ad aggiudicarsela fu la ditta Arca di Giuseppe Burani, 62 anni, di Città di Castello, con un’offerta di 37.550 euro. Le indagini avrebbero tuttavia dimostrato come, proprio grazie alla «connivenza» di Fusari, il versamento non fu eseguito e come egli ne divenne ugualmente il proprietario «con falsi documenti bancari», facendoli poi smantellare dalla ditta dei fratelli Trefas e ricavadone 42.500 euro.
Alla “cordata” andarono anche le gare relative allo smaltimento dei rottami ferrosi dell’8° reggimento alpini, del 3° reggimento artiglieria terrestre e alla Polizia di frontiera di Tarvisio, oltre che di quelli presenti al 7° reggimento trasmissioni, a Sacile, alla Brigata alpina Julia, a Tolmezzo e alla Biblioteca isontina di Gorizia. In tutti questi casi, così come in quelli favorevoli a Masi, l’allora direttore del Demanio consentì anche di omettere il pagamento di quanto indicato, mediante la creazione di falsi F23.
Un’ulteriore turbativa è stata contestata in relazione alla gara per la vendita di materiale metallico derivante dallo smantellamento del magazzino 74 Molo VII del porto di Trieste e aggiudicata ad Andrea Vena, 50 anni, amministratore della srl Mondo Trade, che Simonelli avrebbe chiesto a Fusari di favorire a sua volta. Il processo prenderà il via il prossimo 25 maggio.
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