Fallita la QBell: tutti i dipendenti a casa

REMANZACCO. Dalla favola imprenditoriale all’abisso. Il tribunale di Udine ha decretato il fallimento di QBell tecnology, società con sede a Remanzacco che fino all’anno scorso con i suoi schermi Lcd dava filo da torcere ad aziende del calibro di Sony, Toshiba e Sharp.
Dopo lo stop produttivo avvenuto a maggio, il naufragio dell’operazione Miroglio in Puglia e ancora l’indagine condotta dalla Procura, che vede l’Ad di QBell Giuliano Macripò, accusato di aver emesso fatture per 60 milioni, a fronte di operazioni inesistenti, con lo scopo di evadere le imposte, la sentenza del tribunale di Udine mette ora un punto definitivo alla storia di quest’impresa.
Un punto arrivato a seguito della richiesta di fallimento depositata all’ufficio giudiziario del capoluogo da parte della Gross imball packaging solution Srl, nella speranza di vedersi riconoscere almeno una parte dei crediti vantati nei confronti di QBell. Non sarà facile.
I primi creditori sono infatti i lavoratori: i circa 50 a chiamata, che non lavorano più dalla scorsa primavera ma che ancora attendono di vedersi pagare le ultime tre mensilità di stipendio, e i 18 a tempo indeterminato che, oggi in Cigs, rischiano il posto di lavoro.
«A meno non vi sia l’interesse di qualche azienda a rilevare QBell, ipotesi che appare oggi molto difficile, la prospettiva è quella del licenziamento», fa sapere Francesco Barbaro di Fim Cisl Udine che mercoledì è stato convocato in Api dove incontrerà Michela Del Piero, il curatore fallimentare nominato dal tribunale di Udine. I lavoratori, al pari di tutti i creditori, potranno “insinuarsi” nel fallimento presentando domanda al curatore entro un mese dall’adunanza che il tribunale ha fissato – si legge nella sentenza – per l’11 aprile 2014. Dall’incontro con Del Piero, Barbaro non si aspetta buone notizie.
«E’ probabile – afferma – che quel giorno vengano consegnate le lettere di licenziamento. Per i lavoratori significheranno l’ingresso in mobilità, da uno a tre anni». La parabola discendente di QBell si è consumata nel volgere di pochi mesi. A febbraio l’azienda vantava ancora un fatturato di 7 milioni di euro. A giugno gli affari si erano invece inabissati a 37 mila euro.
Difficile credere che la stessa azienda, nel 2012, si fosse aggiudicata a più riprese commesse da 14, anche 16 milioni di euro, tanto da proporsi di rilevare l’ex stabilimento tessile Miroglio, a Ginosa, in Puglia, e di rioccupare i suoi oltre 100 dipendenti per dar corpo all’assemblaggio che il sito produttivo di Remanzacco, per dimensioni, non consentiva di sviluppare oltre.
Stretto un accordo con la Regione Puglia e con il Ministero dello Sviluppo economico, l’affare è andato alla deriva per un problema finanziario. Veneto banca ha interrotto il flusso del credito, la produzione si è bloccata e da quello stop non c’è più stata ripresa.
L’Ad Macripò ha cercato nuovi finanziatori, a dir suo ci era andato vicino con il gruppo libanese Lbc, controllato dall’emiro multimiliardario Al-Walid bin Talal, ma ogni tentativo è naufragato. Compresa la richiesta di ammissione al concordato preventivo.
Il 26 novembre è arrivato il fallimento. «Prendiamo atto della sentenza, anche se siamo rimasti abbastanza sorpresi dalla decisione. I miei legali stanno insistendo per fare appello, essendoci a dir loro gli estremi. Non so se me la sento – ha fatto sapere ieri Macripò – e per questo mi sono preso il week-end per riflettere. Deciderò all’inizio della prossima settimana».
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