Escluso dall’attività sportiva, fa ricorso

La famiglia del pallanuotista s’appella alla Commissione regionale. Nel frattempo scenderà in acqua ma non farà gare
Vaccinazioni all'ospedale Annunziata di Napoli, 8 settembre 2017. ANSA/CESARE ABBATE
Vaccinazioni all'ospedale Annunziata di Napoli, 8 settembre 2017. ANSA/CESARE ABBATE

UDINE. La famiglia del giovane pallanuotista, escluso dall’attività agonistica perché non risultava sottoposto ad alcun tipo di vaccinazione compreso l’antitetanica, presenterà ricorso davanti alla Commissione regionale, costituita alla Direzione centrale salute e protezione sociale di Trieste.

Giovane non vaccinato escluso dalla possibilità di fare attività sportiva

A renderlo noto è Maurizio Castagna, responsabile della società che ha in gestione l’impianto natatorio di Cividale, frequentato dal ragazzo. «I genitori sono dispiaciuti per la decisione del medico che ha ritenuto non idoneo il loro figlio. Noi li sosterremo in questa scelta. Offriremo loro qualunque tipo di supporto pur nella piena consapevolezza di avere le mani legate di fronte alla decisione del personale sanitario», riferisce Castagna.

È stato lui a consigliare alla famiglia di recarsi dal medico curante per farsi produrre un certificato per l’attività non agonistica. «Così – spiega Castagna – il ragazzo potrà scendere in acqua e divertirsi con i propri compagni in attesa della sentenza da parte della commissione regionale. Al momento non può gareggiare in una partita ufficiale».

Il caso è stato recentemente affrontato dal centro per la lotta contro le malattie cardiovascolari dell’Azienda per i servizi sanitari 4. Il giovane si è presentato giorni fa accompagnato dai propri genitori per ottenere il certificato di idoneità all’attività sportiva agonistica. A un esame approfondito del libretto vaccinale è risultato che il ragazzo era totalmente scoperto da ogni immunizzazione per scelta dei genitori.

Ma a far pendere l’ago della bilancia verso la “non idoneità” è stata la mancata presenza dell’antitetanica. Il dirigente medico della medicina dello sport dell’Azienda 4, Alessandro Colò che ha visitato l’atleta si è rifatto alla legge nazionale 292 del 1963 che impone la profilassi per «i lavoratori a rischio e gli iscritti al Coni». Decisione che ha fatto discutere non solo sui social network, ma anche all’interno della federazione medico sportiva italiana con il presidente regionale, Fernando Agrusti, che ha preso posizione dichiarando che «il controllo non spettava direttamente al dottore».

Citando l’articolo 1 della stessa norma che parla di «vaccinazione obbligatoria per gli sportivi all’atto dell’affiliazione alle federazioni del Coni», Agrusti ha precisato: «Il ruolo del medico è quello di ricordare alla famiglia di effettuare la profilassi e non quello di escludere l’atleta».

Castagna precisa che «in questa vicenda siamo spettatori. Noi diamo indicazioni ai tesserati di farsi produrre il certificato in un centro di medicina dello sport. Ci atteniamo alla decisione del personale sanitario. Al massimo come è capitato si sentono altri pareri quando nell’atleta viene riscontrato un difetto cardiaco. Non è la prima volta che ci sono pareri discordanti su particolari patologie.

Questo caso – spiega Castagna – è, invece, unico nel suo genere. Per la prima volta un ragazzo viene fermato per non aver effettuato l’antitetanica. È un dato di fatto e non possiamo obiettare perché esiste una legge. Poi si può discutere se c’è più rischio di prendere il tetano durante una corsa campestre, una partita di calcio in un terreno di gioco o in una gara di pallanuoto in una piscina. Solo il medico lo può sapere e noi accettiamo la sua decisione. Ma altrettanto siamo pronti a sostenere la famiglia se vorrà chiedere maggiori controlli».

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