Doveroso ricordare Marcelino Camacho

L’anno scorso è morto a Madrid all’età di 92 anni (era nato a Osma-La Rasa-Soria nel gennaio 1918) Marcelino Camacho Abad. Ai più questo nome potrà dire poco, ma per quanti conoscono il sindacalismo

L’anno scorso è morto a Madrid all’età di 92 anni (era nato a Osma-La Rasa-Soria nel gennaio 1918) Marcelino Camacho Abad. Ai più questo nome potrà dire poco, ma per quanti conoscono il sindacalismo internazionale egli rappresenta una leggenda. In anni ormai lontani (in una manifestazione di metalmeccanici europei) ho avuto il piacere di ascoltare un suo comizio e credo che anche in Friuli la memoria di Marcelino meriti lo spazio di un ricordo. Camacho fu il fondatore e il primo segretario generale del principale sindacato spagnolo: le Comisiones Obreras. Combattente repubblicano, militante clandestino e personalità politica di primo piano egli, nel passaggio alla democrazia del suo Paese, rappresentò la grande forza organizzata dei lavoratori spagnoli. Una forza che rese possibile (senza sbandamenti che avrebbero potuto rimettere pista la destra falangista) quella transizione delicatissima. «Ni nos doblaron, ni nos doblegaron, ni nos van a domesticar!». «Non ci piegarono, non ci piegheranno, non ci assoggetteranno». E’ in questa frase, pronunciata nel 1967 a Carabanchel, dopo l’ennesima carcerazione, che si concentra il senso profondo della sua lotta. La frase diventerà famosa almeno quanto l’altrettanto noto «No pasaran!» di Dolores Ibarruri. Determinato a far cadere il franchismo sin dall’indomani della sconfitta della guerra civile, Marcelino già nella clandestinità si dedicò alla creazione di quel sindacato che per tutta la lunga notte della democrazia spagnola sarà il principale organismo di resistenza al regime. Infatti, le Comisiones Obreras furono la forza popolare che seppe unificare negli anni della dittatura le tensioni di ribellione con il più vasto e responsabile sentimento di libertà delle masse. Camacho era figlio di un casellante delle ferrovie e nel 1935 aderì al Partito Comunista spagnolo e poco dopo nell’Unione Generale dei lavoratori. Partecipò attivamente alla guerra civile in difesa della Repubblica. Fu catturato, con altri compagni, dagli sgherri di Casado, il generale traditore che consegnerà la capitale Madrid a Franco. Fuggirà una prima volta dal carcere, poi ripreso, finirà ai lavori forzati. Scapperà ancora per trasferirsi a Orano in Algeria, dove si stavano organizzando gli esuli della Guerra civile. Nel 1957, usufruendo dell’indulto, ritorna in patria e lavora come operaio metallurgico nella fabbrica Perkins-Hispania. Da qui, riprende a organizzare le Comisiones Obreras che diventano il sindacato di classe, la vera spina nel fianco del sindacato ufficiale franchista. Incarcerato nuovamente per nove anni, quando esce riprende la lotta e diventa il segretario generale delle Comisiones, entra nel Comitato centrale del Partito Comunista spagnolo e nel 1979 è eletto deputato. Con la tessera n°1, ricoprirà la carica di Presidente delle Comisiones (nel frattempo, diventate Confederazione Generale) fino al 1995. Camacho lottò fino all’ultimo contro la precarietà del lavoro, contro la disoccupazione e le avide logiche del profitto che, secondo lui, avevano «trasformato la Spagna in un paese che tradiva i suoi sogni».

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