Coronavirus, perché adesso il numero dei decessi è così alto? Il primario: «Un mese fa contagiati i più fragili»

«Un mese fa, purtroppo, l’epidemia ha raggiunto la fascia più vulnerabile della popolazione: l’aumento della mortalità ne è la conseguenza. Fino ad allora i decessi della seconda ondata erano inferiori rispetto alla Fase uno». Il professor Giovanni Di Perri, primario Malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, cerca di interpretare la dinamica di una curva epidemica per molti versi ancora sfuggente.
L’emergenza si sta concentrando nelle rianimazioni?
«Nella prima fase l’epidemia si caratterizzò per una crescita esponenziale, un’impennata che colpì immediatamente le fasce di età più elevate. Questa volta la crescita è stata più lenta, e così sarà la discesa. Temo che il dato della mortalità sarà l’ultimo a scendere».
A fronte di contagi e ricoveri che invece sono in flessione.
«È così».
E adesso, con il Natale alle porte?
«Vanno mantenute delle limitazioni. Di sicuro, se si ripartirà senza regole dovremo aspettarci una ripresa del virus».
La terza ondata paventata da molti.
«Inutile illudersi che il Covid esca di scena».
O che diventi più buono, come alcuni auspicavano la scorsa estate.
«Figuriamoci. Anzi: a breve arriverà anche un altro virus, quello influenzale».
Una vecchia conoscenza.
«Che però quest’anno potrebbe essere notevolmente arginata dalle misure adottate contro il Covid».
Resta la domanda: che impatto potranno avere le festività natalizie?
«Dipende solo da noi. Responsabilità individuale, sempre e comunque. Dopodiché: serve qualcosa di nuovo, qualcosa che ci permetta di essere un passo avanti rispetto al virus».
Cosa?
«I test rapidi: bisogna testare tutto quello che si può. Soltanto così sarà possibile riaprire parte delle attività e restituire un po’ di gettito fiscale».
A cosa pensa di preciso?
«All’impiego diffuso dei test, a tutti i livelli. Non sono completamente attendibili, è vero, ma se non altro garantiscono un certo margine di sicurezza e responsabilizzano chi li fa».
Non attendibili in assoluto, ha premesso.
«Vede: è il concetto di massimo rischio accettabile, andrebbero fatti prima di ogni cosa».
Anche prima di andare a sciare?
«Certo. E così pure prima di recarsi al ristorante, se proprio la gente tiene ad andarci».
A proposito: ritiene giusto chiudere il “sistema neve”?
«Comprendo le preoccupazione del governo e penso si possano chiudere alcune cose, come i rifugi. Sul resto, si può trovare un compromesso».
Cioè?
«Mascherina, distanziamento, accessi contingentati, cabinovie a carico ridotto. E perché no, il test rapido compreso nel costo sky pass».
Lei andrà a sciare?
«Ho una casa in montagna, non ho perso la speranza».
Lei come passerà il Natale?
«Ah: io con mia moglie e i mie figli ma sotto quest’aspetto non faccio testo, per me sempre stato così. Detto questo, è una di quelle occasioni in cui conterà la libertà individuale».
Con riferimento alla possibilità di vedere i parenti o gli amici?
«Certo. Ma in quei casi ci si dovrà testare. Va da sè che la distribuzione dei test dovrà essere la più capillare possibile, e il costo accessibile a tutti».
In una parola: il test rapido come estrema risorsa.
«All’orizzonte non vedo grandi novità gestionali, e siamo in attesa del vaccino. Fino ad allora, è l’unico compromesso accettabile».
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